Il riscatto e il «dovere» di dirlo Alta tensione Di Maio-conte
Il ministro degli Esteri irritato. La palla ai Servizi segreti
ROMA La leadership morbida — o debole, a seconda dei punti di vista —, di Vito Crimi sta riportando alla ribalta Luigi Di Maio, che di giorno in giorno sembra allungare le distanze dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Una diffidenza reciproca che cresce, tra difese d’ufficio asimmetriche, frasi sibilline, rumors e spin che viaggiano più veloce del virus. Non è sfuggita a nessuno la frase del ministro degli Esteri sulla liberazione di Silvia Romano. Di Maio non ha escluso che
● Luigi Di Maio (foto), 33 anni, esponente del M5S, è ministro degli Esteri dal 5 settembre 2019 sia stato pagato un riscatto. Ha solo specificato: «A me non risultano riscatti, altrimenti dovrei dirlo». Un modo per chiamarsi fuori e gettare la palla altrove. L’unico campo di gioco possibile dove può atterrare è quello dei servizi segreti. È stato pagato un riscatto? Se sì, Conte, che ha la delega ai Servizi, non potrebbe dirlo così agevolmente. E se gli fosse chiesto al Copasir dovrebbe dire la verità. Questione delicata, che certo il premier non ha apprezzato che sia stata sollevata da Di
Maio. Conte, che proprio sui Servizi vorrebbe giocare in proprio la partita delle nomine, era stato lestissimo a bruciare sul tempo la Farnesina nell’annunciare la liberazione della Romano. Il titolare degli Esteri ci era rimasto molto male, anche perché, pur avendo lavorato per mesi alla trattativa, non era stato avvertito per tempo. In seguito Di Maio si è rifatto all’aeroporto, con il saluto alla Romano e con una gara di presenzialismo e di photo opportunity con Palazzo Chigi.
Luigi Di Maio
Ma lo scontro istituzionale si gioca su più fronti ed è su quello della regolarizzazione dei migranti che sale la tensione. Lo stop di Di Maio su Vito Crimi (smentito) sembra anche un altolà a Conte. E del resto lo stesso premier non va molto per il sottile quando dichiara raggiunta un’intesa che i 5 Stelle si affannano, tardivamente, a smentire (per poi accettarla dopo ore di guerriglia). Di Maio rilancia comunicati di solidarietà a Crimi, ma non a Conte. E il premier finisce sotto accusa per collateralità con il Pd e persino (massima offesa per i 5 Stelle) con Matteo Renzi. «Non può decidere da solo», spiegano dal Movimento, sempre più nervosi per l’eterna competizione a distanza con la Lega. Dallo staff di Di Maio giurano che «non è in atto nessuno scontro, e che c’è un rapporto leale a collaborativo» con Palazzo Chigi.
Ma c’è il Mes in arrivo. Più di qualcuno sospetta che alla fine Conte sarà costretto a far ricorso al salva-stati e nel Movimento sono già pronti con i fucili puntati. Parlamentari come Alvise Maniero, Giovanni Currò e Rapahel Raduzzi. Ma anche più in alto il clima è teso. Con un avvertimento che arriva da non molto lontano: «Conte si ricordi la fine che ha fatto Salvini. Se è lì, è perché il Movimento ce lo ha messo e lo sostiene».
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A me non risultano riscatti per la liberazione di Silvia, altrimenti dovrei dirlo