Corriere della Sera

I Romano assediati: «Evitiamo tg e social» E la mamma ribatte: «Non amo la politica»

La denuncia dello zio Alberto: «Nessuno ci vuole aiutare, ma solo fare carriera sulla nostra pelle» Solidali i vicini: «La lascino in pace, è solo una ragazza»

-

MILANO La tenda del salotto si scosta per un attimo. Mamma Francesca butta un occhio verso la strada, come a prepararsi a quello che le si parerà incontro.

L’assedio mediatico è qualcosa a cui non si è mai preparati, ma al quale in qualche modo si riesce a trovare una misura. Alla mattina Francesca Fumagalli sbotta davanti ai microfoni e all’ennesima domanda a cui non ha intenzione di dare risposta: «Che palle». Al pomeriggio però, quando si incammina verso i giardini di piazza Durante, trova il tempo per sorridere davanti ai fotografi che le chiedono il nome della cagnolina che tiene al guinzaglio: «Si chiama Alma, così la fate diventare famosa».

Sono battute e piccole parole che inevitabil­mente si scambiano tra chi, da una parte e dall’altra della barricata, sta vivendo l’assedio di questi giorni. Mamma Francesca, che da qualche anno si era trasferita in Liguria, sta cercando in ogni modo di proteggere Silvia. Come di isolarla da quel che le sta accadendo intorno. Sa perfettame­nte che poche ore prima l’onorevole leghista Alessandro Pagano ha definito sua figlia, rientrata in Italia dopo 18 mesi di prigionia, una «neo terrorista» all’interno dell’aula di Montecitor­io. Ma davanti ai giornalist­i glissa nascondend­o rabbia e dolore: «Non ho sentito e non mi interessa. Non amo la politica, non la seguo...».

Perché l’assedio dal quale ora deve difendersi la famiglia di Silvia Romano non è solo di telecamere e fotografi, ma è quello di una politica che ha trasformat­o l’immagine di sua figlia 24enne che scende la scaletta di un aereo con gli abiti tradiziona­li islamici usati dalle donne somale in una sorta di alto tradimento allo Stato. «Silvia oggi non è più la vittima di un rapimento, ma un simbolo, un pretesto, un feticcio da bruciare in piazza in nome di una visione politica», racconta un familiare. Invece Silvia è viva, con le fragilità di una giovane donna che per oltre cinquecent­o giorni è rimasta nelle mani dei rapitori. «Non le stiamo facendo vedere i telegiorna­li, usa pochissimo i social e Internet. Non vogliamo che tutto quello che sta succedendo intorno a lei possa causare ancora più dolore».

Anche lo zio Alberto, fratello della mamma, che per primo ha denunciato il clima d’odio e paura nel quale vive la sua famiglia dopo il rientro in Italia, adesso chiede tranquilli­tà: «Siamo in silenzio stampa, nessuno ci vuole aiutare ma solo fare carriera sulla nostra pelle e speculare». Dice di aver dovuto staccare il telefono, di aver visto giornalist­i fuori dal supermerca­to nel quale lavora o in giro per il quartiere con la sua foto in mano. La paura è che nelle prossime ore il clima d’odio (Lapresse)

intorno a Silvia possa addirittur­a peggiorare. L’inchiesta aperta dalla Procura di Milano per minacce potrebbe prendere in consideraz­ione anche l’aggravante dell’odio razziale e religioso.

Sono decine i commenti social analizzati dai carabinier­i. Per quelli meno gravi la famiglia di Silvia potrebbe sporgere querela per diffamazio­ne. Una scelta che però, finora, è stata scartata proprio nella speranza che tutto questo si fermi. Che questa pagina si possa presto chiudere e cancellare. Anche davanti agli investigat­ori che martedì le hanno ascoltate in caserma, Silvia e mamma Francesca hanno cercato in ogni modo di smorzare paure e tensioni: «Sono serena, ho bisogno solo

d Dolore

Non vogliamo che tutto quello che sta accadendo intorno a lei possa causarle altro dolore

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? In strada Francesca Fumagalli, madre di Silvia Romano, la cooperante italiana liberata in Somalia, ieri a Milano a spasso con il cane
In strada Francesca Fumagalli, madre di Silvia Romano, la cooperante italiana liberata in Somalia, ieri a Milano a spasso con il cane

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy