I boss tornano dietro le sbarre Il mafioso Sacco già in cella «Pronto il posto per Zagaria»
I primi effetti del decreto legge dopo le scarcerazioni
ROMA Il decreto legge approvato sabato per rivalutare tutte le scarcerazioni di detenuti al «41 bis» o in «Alta sicurezza» decise a seguito dell’emergenza coronavirus, comincia a produrre effetti. La norma che impone il riesame «immediato» del fascicolo «nel caso in cui il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria comunichi la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto», è stata subito applicata al caso del boss camorrista Pasquale Zagaria, mandato in detenzione domiciliare anche a causa della mancata risposta del Dap su una possibile destinazione alternativa all’interno del circuito penitenziario.
All’indomani dell’entrata in vigore del decreto, l’udienza davanti al tribunale di sorveglianza di Sassari (città dove il fratello del capoclan dei Casalesi Michele Zagaria era detenuto al «carcere duro») è stata fissata per il 22 maggio, prima data utile in virtù dei dieci giorni lavorativi di preavviso necessari ai difensori. Subito dopo è arrivata la comunicazione del Dap: per Zagaria è pronto un posto presso il reparto di Medicina protettamalattie infettive del Presidio ospedaliero Belcolle di Viterbo. È una di quelle novità che prevede la riconsiderazione «immediata» del caso, ma sarà difficile tenere l’udienza prima del 22, proprio per rispettare i termini di cui le parti devono disporre.
In quell’occasione gli stessi giudici che il 24 aprile scorso hanno disposto la reclusione domiciliare nella casa di Brescia dove risiede la moglie del boss, dovranno rivedere la situazione in base alla possibile sistemazione individuata dal Dap; che lo stesso Dap potrebbe riconsiderare, per individuarne una diversa. Anche perché il tribunale dovrà decidere anche alla luce dell’evoluzione del quadro clinico. Il camorrista è malato di tumore e ha bisogno di cure che l’ospedale di Sassari, riconvertito alle esigenze della crisi sanitaria da coronavirus, non può più svolgere.
Le polemiche sulla scarcerazione di Zagaria hanno investito direttamente l’ex direttore del Dap Francesco Basentini, proprio per via delle domande dei giudici rimaste senza risposta. Basentini s’è dimesso il 1° maggio, l’indomani ha preso servizio il nuovo vice-capo, l’ex pm antimafia Roberto Tartaglia che ha subito avviato un monitoraggio per trovare nuove collocazioni sia al boss casalese che agli altri 375 detenuti per mafia o droga mandati ai domiciliari a causa dell’emergenza Covid. E da ieri alcuni hanno cominciato a tornare in cella.
Il primo è stato il capomafia del quartiere Brancaccio Antonio Sacco, uscito dal carcere di San Gimignano e riaccolto in quello di Livorno. Ma è presumibile che tra coloro per i quali il Dap — dove s’è insediato anche il nuovo capo Dino Petralia — ha individuato o sta individuando una ricollocazione nelle strutture carcerarie ci siano gli altri due provenienti dal «41 bis»: il boss di Cosa nostra Francesco Bonura (che finirà di scontare la pena a novembre) e il calabrese Vincenzo Iannazzo (per il quale deciderà, su richiesta dei pm, la Corte d’assise che lo sta processando). E ancora gli ergastolani siciliani Antonio Sudato e Cataldo Franco, e la moglie del boss Lo Piccolo, Rosalia Di Trapani.
Per trovare soluzioni adeguate, Tartaglia sta lavorando con il commissario Domenico Arcuri all’individuazione su tutto il territorio nazionale di ospedali dove installare nuovi reparti protetti destinati ai detenuti malati. Nel frattempo, interpellato dal Dap, il Comitato tecnico-scientifico anticovid ha stabilito che per i detenuti al «41 bis» non c’è «un potenziale maggior rischio di contagio rispetto a quello sussistente al di fuori del contesto detentivo».
Nuovi reparti
Il Dap sta individuando strutture ospedaliere dove realizzare reparti per i detenuti malati