LA RESISTENZA SENZ’ARMI DI SUORE E SACERDOTI
Caro Aldo, uno studente di una prima superiore mi ha chiesto: perché la Resistenza si chiama, per l’appunto, Resistenza? Non si resiste a un nemico, a un avversario. Lo si affronta, lo si combatte. Lei stesso sottolinea: «Combattere i nazisti era una cosa giusta». Combatterli, non resistergli. Ma forse resistere comporta più dolore e più sofferenza che non combattere. Soprattutto più coraggio, bene più raro dell’audacia. Non sono però sicuro di aver risposto bene al ragazzo.
Caro Alessandro,
Io preferisco l’espressione Resistenza. Perché, più che un combattimento in campo aperto, fu un lungo martirio. Ad Alba, la mia città, dove nel dopoguerra la Dc aveva il 60 per cento e i comunisti erano quattro gatti (ma di missini non c’era l’ombra), tutte le vie attorno al cimitero sono dedicate a partigiani fucilati. Avevano quasi tutti vent’anni, anche meno. Credo che non avessero mai sentito nominare Togliatti e Gramsci in vita loro. Semplicemente non volevano combattere per Hitler e per quelli che portavano gli ebrei ad Auschwitz e in Langa sistematicamente bruciavano, uccidevano, violentavano, rubavano. Ovviamente i partigiani erano uomini; non santi. Dire che ci fosse una parte giusta e una parte sbagliata non significa che ci fossero i buoni e i cattivi. Oggettivamente i fascisti di Salò si abbandonarono, tranne meritorie eccezioni, a crudeltà ed efferatezze che difficilmente potevano finire in una bella festa di riconciliazione. Ciò non toglie che dopo il 25 aprile ci furono, in Emilia e non solo, partigiani comunisti che pensarono di fare la rivoluzione cominciando a eliminare «nemici di classe», tra cui sacerdoti e borghesi che non avevano fatto nulla di male, anzi spesso erano stati al fianco dei resistenti. Resistenti: parola nobile. Anche perché ci furono molti modi di dire no ai nazifascisti, senza le armi in pugno. Pensi ai sacerdoti che scelsero di morire accanto ai fedeli, come don Ferrante Bagiardi: «Vi accompagno io davanti al Signore» fu la stupenda frase con cui affrontò il plotone d’esecuzione nazista. O come suor Enrichetta Alfieri, l’angelo dei prigionieri di San Vittore, tra cui Mike Bongiorno e Indro Montanelli, che al processo di beatificazione disse: «Certe cose possono farle solo i santi o gli eroi; e suor Enrichetta era entrambe le cose». Se non è Resistenza questa, cosa è Resistenza?