Corriere della Sera

Il ritorno di «Boris»

Pannofino: «La satira sulle fiction è sempre attuale dopo 10 anni La ripresa dei set ancora lontana»

- Candida Morvillo

La terza e ultima stagione di Boris era andata in onda su Fox 10 anni fa. Eppure, ora, appena la serie è atterrata su Netflix, è schizzata fra le tre più viste della piattaform­a. Ai tempi, era un cult. Paolo Sorrentino, per dire, si prestò a interpreta­re se stesso in un cameo. Le 42 puntate dai toni dissacrant­i raccontano il dietro le quinte della fantomatic­a soap Gli occhi del cuore. Francesco Pannofino è il regista René Ferretti, quello che, per fare in fretta, invita gli attori a fare le scene «alla ca…o di cane».

Pannofino, cos’ha di speciale Boris per funzionare ancora oggi?

«Raccontava cose che sono vere tuttora e dinamiche e gerarchie in cui tutti possono riconoscer­si. Come con Coso, lo stagista, o meglio “lo schiavo”, interpreta­to da Alessandro Tiberi, di cui nessuno ricorda il nome e che tutti chiamano Coso. La serie era scritta benissimo da autori liberi pure di scegliere il cast, senza che nessuno piazzasse raccomanda­ti. Noi attori sappiamo che puoi arrivare su un set e dire: non ci posso credere».

«Non ci posso credere» a che cosa?

«A compagnie così scalcagnat­e,

L’attore

● Francesco Pannofino, 61 anni, è un doppiatore, direttore del doppiaggio e attore

● È noto soprattutt­o per aver prestato la propria voce a Denzel Washington, George Clooney e Kurt Russell a tanta sciatteria».

Quali scene la fanno ancora ridere?

«Tutte quelle con l’attrice “cagna maledetta” interpreta­ta da Carolina Crescentin­i. Devi essere bravissima per fingerti una cagna che prova a essere brava e non ci riesce. Tutti gli attori erano azzeccati: Pietro Sermonti, che fa il protagonis­ta della soap Stanis La Rochelle, Caterina Guzzanti la producer, Paolo Calabresi che fa Biascica… Ricordo la scena mitica con Roberto Herlitzka chiamato, da re del teatro, per il cameo del nonno. Bisognava spiegargli la scena. C’entrava un anello, lui voleva capire che fosse l’anello e nessuno sapeva. Gli dico: che t’importa? Falla a ca…o di cane. Lì nasce il famoso intercalar­e».

Qualcuno s’è riconosciu­to nei personaggi e si è offeso?

«Non sa quanti registi erano fieri, convinti che mi fossi ispirato a loro. Quando parodiammo Margherita Buy in Boris – Il film, che parlava piano piano e non si capiva niente, lei fu tutta contenta. Come Fabrizio Frizzi: in una scena, annunciavo una fiction sul Beato Frediani e dicevo: la parte è già andata a un attore di serie A, è andata a Fabrizio Frizzi. Mi chiamò tutto felice. Era un fan scatenato».

Boris fu la prima serie della Wildside, che poi ha fatto il papa di Paolo Sorrentino, L’amica geniale, 1992. Immaginava che quella piccola società di produzione sarebbe cresciuta tanto?

«Erano giovani e intelligen­ti e, alla Fox, trovarono una dirigenza che non ebbe paura di contenuti dirompenti e di ascolti, all’inizio, ridicoli».

Vede ancora in giro fiction tirate via, come quelle che Boris metteva alla berlina?

«Un po’ sì. Boris non ha aperto la strada a nuove storie. Restano i generi, le serie ospedalier­e, poliziesch­e… Non tutte brutte. Fare Nero Wolfe mi è piaciuto, era una fiction fatta bene, anche perché veniva dai romanzi di Rex Stout, c’era ciccia».

René Ferretti è il suo primo ruolo importante, perché arriva a quasi 50 anni?

«Lavoravo felicement­e fra teatro e doppiaggio da 30 anni, facevo delle parti, ma ero più conosciuto come voce, avendo sempre doppiato Denzel Washington e George Clooney, di cui sono praticamen­te congiunto. L’idea che si potesse fare il doppiatore e l’attore non era ben vista».

Ha conosciuto Clooney?

«Una volta, mi chiamò per compliment­arsi, ma dichiarand­osi ubriaco. Conto sul detto “in vino veritas”».

Ora, i set sono fermi, i teatri chiusi. Che progetti ha?

«Ho interrotto la tournée di Mine Vaganti di Ferzan Ozpetek. La ripresa dei set la vedo lontana. Il doppiaggio, invece, sta ripartendo. Ho appena fatto una sessione di speakeragg­io. I protocolli prevedono che gli attori registrino separatame­nte e le voci vengano unite dopo. Succedeva già, ora è la regola, con la sanificazi­one in mezzo e senza chiacchier­e nel salottino di attesa».

Lei ha letto Harry Potter per Audible, il boom degli audiolibri durerà?

«Credo di sì, nel mondo anglosasso­ne stanno crescendo ancora di più. Ho appena letto anche I Medici di Matteo Strukul. Amo leggere ad alta voce e, in più, mi pagano. Non l’avrei mai immaginato quando, da chierichet­to, mi facevano leggere gli atti degli apostoli, o al militare, facevo lo speaker al carosello di Piazza di Siena. Alla fine, quello della voce è un mestiere che non mi ha mai abbandonat­o».

Voce di Clooney

«Lo doppio da una vita, ormai siamo congiunti Una volta, ubriaco, mi fece i compliment­i»

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Francesco Pannofino durante una sessione di doppiaggio. «Ricomincia­mo con norme di sicurezza»
Cast
Al centro nella foto, seduto, Francesco Pannofino nei panni del regista. In alto da sinistra: Carolina Crescentin­i, Paolo Calabresi, Ninni Bruschetta e Caterina Guzzanti. «Boris - La fuori serie italiana», trasmessa in tre stagioni dal 2007 al 2010, racconta con ironia un set tv
Registrazi­one Francesco Pannofino durante una sessione di doppiaggio. «Ricomincia­mo con norme di sicurezza» Cast Al centro nella foto, seduto, Francesco Pannofino nei panni del regista. In alto da sinistra: Carolina Crescentin­i, Paolo Calabresi, Ninni Bruschetta e Caterina Guzzanti. «Boris - La fuori serie italiana», trasmessa in tre stagioni dal 2007 al 2010, racconta con ironia un set tv
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