Allerta sul debito: l’obiettivo è un calo nel 2021
Bruxelles rassicura sui tempi lunghi per il rientro. Ma il timore è che, insieme alle riforme, venga imposto anche un calendario a tappe forzate
ROMA Quando Bruxelles parla del nostro debito pubblico, nelle stanze del governo italiano, e in particolare in quelle del ministero dell’economia, si accende sempre una lucina rossa. E così è stato anche stavolta, dopo le prime raccomandazioni della Commissione europea nell’era del Covid-19. L’italia dovrà garantire la sostenibilità del debito, dicono da Bruxelles. Il guaio è che il nostro debito continua a muoversi in direzione ostinata e contraria: alla fine di quest’anno dovrebbe arrivare al 155,7% del Pil, oltre venti punti in più rispetto all’inizio della pandemia. Ma c’è anche il bicchiere mezzo pieno. La Commissione non dà una scadenza precisa. Dice che la piena sostenibilità dovrà essere garantita quando sarà disattivata la clausola di salvaguardia, che ha congelato il patto di Stabilità, e quindi l’obiettivo di un debito al di sotto del 60% del Pil. E soprattutto quando le «condizioni economiche lo consentiranno». Basta questa vaghezza per evitare che Bruxelles, su pressione dei rigoristi, finisca primo o poi per presentarci il conto? E che insieme alle riforme che potrebbero essere legate al Recovery Fund, non arrivi anche un percorso di rientro a tappe forzate del nostro debito?
La risposta ufficiale esclude questa ipotesi. Quella reale la conosceremo nei prossimi mesi. E, come spesso accade in economia, più che i numeri assoluti conta la tendenza. Il governo sostiene che la curva del debito tornerà a scendere il prossimo anno. A fine 2021 dovrebbe essere al 152,7% del Pil. Tre punti in meno rispetto a quest’anno. E il ministro dell’economia Roberto Gualtieri, ha detto che «imposteremo una strategia di rientro che sia compatibile con gli obiettivi di inclusione sociale e sostenibilità ambientale che questo governo e l’europa si sono dati». Ma è proprio qui che arriviamo alla grande incognita. Per fare in modo che questo percorso di rientro non sia solo una promessa è necessario che l’economia, dopo il crollo da lockdown, torni a crescere a buon ritmo. È una questione matematica, quindi ineludibile. Se il denominatore (il Pil) non sale, e il numeratore (il debito) resta fermo o aumenta, il rapporto non può scendere. Ma non basta riaprire negozi e ristoranti per far ripartire l’economia, se poi le persone non ci vanno, perché non hanno più i soldi oppure hanno paura del virus o del futuro. E questo senza contare i rischi di un parziale ritorno alla fase uno che sarebbe fatale, anche per l’economia. Raccomandazioni di Bruxelles oppure no, la vera lucina rossa è questa.
Per invertire la tendenza occorre far girare l’economia: è questa la vera priorità