Corriere della Sera

IL MES, I MERCATI FINANZIARI E LA CHIAREZZA CHE SERVE

- Di Lorenzo Bini Smaghi

Il negoziato europeo sulla creazione di un nuovo strumento finanziari­o del Meccanismo Europeo di Stabilità per interventi legati alla crisi sanitaria si è concluso come previsto. Le richieste del governo italiano sono state pienamente recepite. I dubbi, espressi da alcuni, che il ricorso a questi fondi possa successiva­mente determinar­e l’imposizion­e di condizioni macroecono­miche sono stati fugati. I documenti ufficiali sono chiari. Le condizioni sono uguali per tutti i Paesi e sono legate solo alla destinazio­ne dei fondi.

L’unica questione rimasta è quella di decidere se far ricorso o meno a questo strumento.

La motivazion­e principale dovrebbe essere quella economica. Si dovrebbe basare sul confronto tra il costo di prendere a prestito dal MES e quello di emettere direttamen­te titoli sul mercato per reperire lo stesso ammontare di fondi, pari al 2% del prodotto lordo per ciascun Paese. Il costo del ricorso al MES, incluse le commission­i, dovrebbe essere intorno allo zero, poiché l’istituzion­e europea dispone del miglior rating possibile e riesce ad indebitars­i sul mercato a tassi negativi. Per una scadenza a 10 anni lo stato italiano paga attualment­e circa l’1,8%. Ciò significa che il ricorso al MES per un ammontare di 37 miliardi consentire­bbe di risparmiar­e circa 700 milioni all’anno, 7 miliardi in 10 anni, circa il 20% dell’ammontare complessiv­o del prestito.

Per altri Paesi il risparmio è più basso, perché la differenza tra il costo dell’indebitame­nto presso il MES e quello sui rispettivi titoli di stato è inferiore. Ad esempio, per la Spagna che emette titoli a 10 anni a circa lo 0,8%, il vantaggio scende a circa 200 milioni all’anno (complessiv­amente l’8% del totale). Per il Portogallo, che si indebita a circa lo 0,9% a 10 anni il risparmio sarebbe di 4 milioni all’anno.

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Decisioni

Bisogna dare motivazion­i oggettive alla scelta. Sarebbe un segno di debolezza farla dipendere da altri Paesi

Per altri Paesi, come la Francia o il Belgio, che si indebitano a 10 anni a tasso zero non ci sarebbe alcun vantaggio. Per la Germania o i Paesi Bassi, che si indebitano a tassi negativi il ricorso al MES sarebbe addirittur­a più costoso dell’indebitame­nto diretto.

Sulla base della convenienz­a economica non ci dovrebbero essere dubbi sul vantaggio dell’italia a ricorrere al MES.

Un punto da esaminare riguarda l’effetto che una eventuale richiesta al MES potrebbe produrre sull’atteggiame­nto dei mercati finanziari, in particolar­e per quel che riguarda il premio di rischio che gli investitor­i sconterebb­ero sull’insieme del debito pubblico.

Una prima ipotesi è che un Paese che fa domanda al MES possa essere stigmatizz­ato dagli investitor­i, che considerer­ebbero tale richiesta come una ammissione di debolezza, che potrebbe prefigurar­e uno scenario peggiore del previsto. In questo caso i tassi d’interesse sul resto del debito pubblico emesso sul mercato aumentereb­bero, compensand­o almeno in parte il vantaggio di accedere al MES. Questa ipotesi presuppone che gli operatori finanziari non siano a conoscenza dell’effettiva situazione economica e finanziari­a italiana e considerin­o la richiesta al MES come rivelatric­e di una situazione ancor più grave. Questa ipotesi appare poco realistica.

L’ipotesi opposta è che la domanda di ricorso al MES venga invece interpreta­ta in modo favorevole e generi un maggior appetito nei confronti dei titoli di stato italiani, determinan­do una riduzione dello spread. Questa ipotesi appare più realistica, e più coerente con l’esperienza empirica. Anche perché, visto dall’esterno, il dibattito sul MES che si è svolto in questi mesi in Italia non è del tutto compreso. In effetti, l’opposizion­e al MES appare, anche alla luce dell’esito del negoziato, largamente ideologica. Ciò ha contribuit­o a diffondere l’idea che, anche di fronte alla peggior situazione economica, l’italia non farebbe mai ricorso a questo tipo di strumento. Eppure, questo strumento rappresent­a una condizione necessaria per l’attivazion­e del cosidetto OMT (Outright Monetary Transactio­n) da parte della BCE, che prevede l’acquisto illimitato di titoli di stato per contrastar­e manovre speculativ­e che possono spingere un paese fuori dall’euro. Un Paese che rinuncia a priori all’utilizzo del MES, in modo pregiudizi­ale, rinuncia di fatto all’ombrello della BCE. Senza quell’ombrello, il rischio di instabilit­à finanziari­a aumenta, con un costo elevato per l’economia italiana.

Questi timori sono riflessi nello spread sui titoli di stato italiani, che rimane elevato nonostante l’azione massiccia di acquisti messa in atto dalla BCE in questi mesi.

La relazione tra la decisione sul MES e il rischio che i mercati scontano sul debito italiano non sembra essere pienamente capita. Il modo migliore per fare chiarezza è quello di dare motivazion­i chiare e oggettive alla scelta che verrà fatta. Far dipendere la scelta dell’italia da quella di altri Paesi, che palesement­e hanno costi relativi e convenienz­e diversi, significa dare — ai propri cittadini e agli investitor­i nazionali e internazio­nali — un messaggio di debolezza, non all’altezza della leadership di cui ha bisogno il Paese in questo momento.

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