Corriere della Sera

Le toghe tra divisioni e riforma Come si gioca il match tra correnti

Mentre la politica studia i correttivi, le anime della magistratu­ra tentano il rinnovamen­to

- Di Giovanni Bianconi

Senza il coronaviru­s, l’associazio­ne nazionale magistrati avrebbe già un nuovo parlamento e un nuovo governo. Le elezioni del Comitato direttivo centrale (Cdc) e della Giunta esecutiva centrale (Gec), come si chiamano nel gergo della nomenklatu­ra togata, sarebbero dovute avvenire a marzo, e il «caso Palamara» esploso un anno fa avrebbe avuto il suo peso. L’infezione ha fatto slittare tutto a fine maggio, poi ancora a ottobre, tenendo in piedi la vecchia Gec a sua volta infettata dal «caso Palamara bis»: dopo la diffusione delle chat tra l’ex presidente indagato per corruzione e molti altri colleghi, è entrata in crisi per le accuse reciproche di reazioni non adeguate tra la sinistra di Area e i centristi di Unità per la costituzio­ne.

La Gec resta in carica per gestire l’ordinaria amministra­zione, che nel frattempo s’è rifatta straordina­ria. Come dimostra il comunicato del capo dello Stato (e presidente del Consiglio superiore della magistratu­ra), tornato a denunciare «la degenerazi­one del sistema correntizi­o e l’inammissib­ile commistion­e fra politici e magistrati». Governo e maggioranz­a sono al lavoro sulla riforma dell’organo di autogovern­o dei giudici, e quel che resta dell’anm sarà chiamata a dire la sua. Con i gruppi impegnati da un lato a fronteggia­re le modifiche in cantiere, e dall’altro a fronteggia­rsi tra loro in vista delle elezioni non più rinviabili.

Il nuovo vertice di Unicost (gruppo di cui Palamara è stata la guida riconosciu­ta, anche senza cariche ufficiali) proporrà un percorso verso una «assemblea costituent­e, nel segno di una forte discontinu­ità con il passato anche recente», che non preclude alcun esito. Nemmeno l’autosciogl­imento e la nascita di un nuova entità, sebbene il presidente Mariano Sciacca non si sbilanci: «Non c’è nulla di deciso. Noi abbiamo cominciato a guardarci dentro, dopo aver consentito l’espansione incontroll­ata del potere di una persona, senza immaginare la pervasivit­à della rete che aveva tessuto. Ma il problema resta un sistema che s’è nutrito di un trasversal­ismo da cui nessuno è uscito indenne. Nessuno possiede né può distribuir­e patenti di superiorit­à morale, tutti dovremmo osservare ciò che è accaduto attraverso un’unica lente d’ingrandime­nto: quella dell’autocritic­a».

Il messaggio è rivolto ad Area, che ha accusato Unicost di non aver avuto lo stesso coraggio dimostrato lo scorso anno dopo le notizie sui tentativi di eterodirez­ione del Csm da parte di Palamara e i deputati Luca Lotti e Cosimo Ferri (giudice in aspettativ­a e leader storico di Magistratu­ra indipenden­te).

Ma Eugenio Albamonte, segretario del gruppo della sinistra giudiziari­a, ribatte: «Non si tratta di rivendicar­e una superiorit­à morale, però è innegabile che noi abbiamo posto il problema prima di altri. Io stesso, da presidente dell’anm, parlai nel 2017 di degenerazi­one del correntism­o, sebbene il problema non coinvolga solo le correnti: le chat di Palamara dimostrano che molti magistrati chiedevano e ottenevano individual­mente le sponsorizz­azioni per nomine e promozioni. Anzi, c’è una correlazio­ne tra la perdita di

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