Acqua, scarti, CO2 La filiera sostenibile del senza glutine
I fratelli Andriani: «Innovazione nei campi»
Ècome se tutta Palermo, quinta città più popolosa d’italia, fosse affetta da una malattia cronica: la celiachia. Si stima, infatti, che oltre 600 mila italiani abbiano una reazione autoimmune al glutine ovvero la frazione proteica alcol-solubile di cereali come il grano, l’orzo, la segale. Un tempo per chi non poteva mangiarlo, l’unica soluzione era quella di smettere di mangiare tutto ciò che conteneva questi cereali come il pane, la pizza, la pasta o i biscotti. Oggi, invece, grazie all’innovazione in agricoltura esiste una vasta gamma di alimenti senza glutine.
«In Italia si spendono 320 milioni di euro all’anno per acquistare questi prodotti — spiega Coldiretti — ed è un cambiamento di abitudini riconosciuto anche dal paniere Istat che nel 2015 ha sancito l’ingresso della pasta e dei biscotti gluten free per il calcolo dell’inflazione».
La crescita della domanda ha innescato un cambiamento nella produzione di cui beneficiano le nostre campagne perché le aziende agricole che coltivano per i pastifici si trovano in aree interne. Terreni che, senza nuove alternative, sarebbero a rischio desertificazione e, quindi, più fragili ed esposti ai guasti dei cambiamenti climatici. Per esempio, nel 2018, tra Puglia e Basilicata è nata una filiera che, oggi, coinvolge circa 300 agricoltori e ha raggiunto i 5 mila ettari di coltivazione di piselli, lenticchie (rosse, verdi e nere), ceci e campi sperimentali di cicerchia, l’antico legume amato dai Romani. Gli obiettivi sono molti: salvaguardare il suolo e l’ambiente, garantire la sicurezza e la qualità alimentare e contribuire in modo diretto allo sviluppo della biodiversità. L’azienda capofila della filiera è guidata da due trentenni di Gravina di Puglia: Michele e Francesco Andriani, rispettivamente presidente e amministratore delegato dell’omonima impresa. Hanno esperienza nel settore visto che, dal 2004, hanno puntato sulle paste alimentari naturalmente gluten free di alta qualità, sull’innovazione e sulla sostenibilità. «Rispetto alle produzioni intensive di grano — dicono — la coltivazione di legumi consente risparmi d’acqua, minore produzione di anidride carbonica e contribuisce a fertilizzare il terreno migliorando il rendimento e prevenendo l’erosione».
Questa filiera, interamente italiana, consente alle imprese agricole che partecipano di ottimizzare i disciplinari di coltivazione sia in produzione integrata sia biologica e di allinearsi a criteri sostenibili. Il progetto, al quale collabora una società spin-off dell’università Cattolica, prevede strumenti e servizi informatici per la tracciabilità in grado di fornire indicazioni operative sulla tecnica di coltivazione e per misurare e monitorare la sostenibilità dei processi. Questa tensione all’innovazione e alla sostenibilità è premiata dal mercato perché questi prodotti made in Italy, naturalmente privi di glutine, sono presenti in 30 Paesi. Andriani, però, non si accontenta e ha adottato una politica di riduzione di emissioni di gas serra ed efficientamento energetico grazie a un impianto di trigenerazione che prevede l’uso maggiore di gas metano e la riduzione delle emissioni dannose.
d Bisogna rivalutare l’economia a km zero e la produzione decentralizzata. La mancanza di mascherine in Italia ci serva da lezione: le risorse oggi sono troppo accentrate
L’obiettivo è quello di essere 100% carbon neutral in pochi anni: non mediante la compensazione delle emissioni, ma attraverso la loro riduzione. È già prevista la produzione di biogas metano e la trasformazione, attraverso le biomasse, degli scarti produttivi. Tutto ciò che ne deriva viene reimpiegato: il digestato come fertilizzante per la filiera sostenibile di legumi; l’anidride carbonica per la produzione di alghe e il biometano, in forma liquida, come combustibile per l’autotrasporto delle merci.
Infine, entro l’anno, si arriverà all’autoproduzione del 98% dell’energia elettrica necessaria all’azienda grazie all’impianto di trigenerazione e ai fotovoltaico.