La lettera Ivass a Cattolica; aumento da 500 milioni
La compagnia: situazione patrimoniale migliorata
L’ivass chiede alla compagnia assicurativa veronese Cattolica un «tempestivo» aumento di capitale da 500 milioni di euro. Un caso straordinario nella vigilanza sulle assicurazioni, ora affidata al direttore generale della Banca d’italia Daniele Franco, che è anche presidente dell’authority sulle assicurazioni. L’aumento, richiesto dopo i risultati delle verifiche settimanali dell’autorità sulla situazione patrimoniale e di liquidità delle compagnie in questa fase turbolenta dei mercati (insieme con la Consob), dovrà essere realizzato entro il 30 settembre, per «irrobustire» la posizione patrimoniale della compagnia.
Oggi un consiglio straordinario della cooperativa assicurativa veronese presieduta da Paolo Bedoni si riunisce per valutare la risposta da fornire all’ivass, anche in vista dell’assemblea del 27 giugno che ha già all’ordine del giorno una delibera di rafforzamento patrimoniale fino a 500 milioni di euro, da esercitare entro cinque anni. Ma con una motivazione ben diversa: il dg Carlo Ferraresi ha parlato di «acquisizioni», mentre l’ivass impone l’aumento per tappare un buco patrimoniale — appunto di mezzo miliardo di euro — che ha portato a un soffio dalla soglia regolamentare (103% sul minimo di 100%) il coefficiente patrimoniale. Si tratta — scrive l’ivass — del «valore più basso dell’intero mercato assicurativo nazionale».
La lettera dell’ivass che evidenzia il «deterioramento delle condizioni di solvibilità» del gruppo e di alcune sue controllate è arrivata il 27 maggio, e pochi giorni prima si era dimesso — ma si è saputo solo ieri — l’ex amminivita stratore delegato Alberto Minali, in forte contrasto con Bedoni e il board, tanto da avviare una causa per danni per il ritiro delle deleghe, considerato «illegittimo».
A pesare su Cattolica è stata soprattutto l’esposizione in Btp nel ramo Vita per 14 miliardi di euro su 26 miliardi totali investiti, secondo fonti vicine alla compagnia, influenzati dall’impennata dello spread e dalla forte volatilità dei titoli di Stato al picco della crisi per il Covid-19. In particolare la situazione di mercato ha inciso sui solvency ratio delle joint venture Bcc (con Iccrea) e Vera Vita (con Banco Bpm), ridottisi rispettivamente al 25% e al 65%, in quanto molto sbilanciate sui Btp. Ad ogni modo ora il coefficiente di gruppo è risalito attorno a 130-135%, comunque ancora distante del 160180% che si avrà dopo l’aumento. Questo «negativo andamento dei requisiti di vigilanza prudenziale», rileva l’ivass, è imputabile anche alla «struttura» e alle «esposizioni» degli investimenti. In particolare dei 28 miliardi di «investimenti di classe C» (in relazione ai quali la compagnia sopporta il rischio), 4,8 miliardi erano rappresentati al 31 dicembre 2019 da investimenti in corporate bond, di cui il 22% con rating BBB-, il 24,2% non investment grade e il 3,2% privi di rating. Inoltre molti bond corporate sono titoli subordinati.
Oggi il board
Oggi riunione di un consiglio straordinario del gruppo per valutare la richiesta