LA RICERCA OLTRE IL COVID-19 Lo scenario Non solo oncologia nel campo d’azione della Fondazione Umberto Veronesi, anche grant per altre patologie E ora un bando per terapie e protezioni anti-coronavirus
VERONESI: NON CI SIAMO FERMATI E FINANZIAMO 166 SCIENZIATI
La ricerca scientifica, e in particolare quella oncologica, non è andata in quarantena nei giorni bui dell’emergenza Covid-19. I ricercatori, nonostante alcune limitazioni, hanno continuato a lavorare nei laboratori, portando avanti la ricerca di base, quella che vuole studiare le cause prime del cancro, e a seguire i malati negli studi clinici per la sperimentazione di nuovi farmaci.
«Semmai si è fermata la prevenzione oncologica — commenta Paolo Veronesi, Presidente di Fondazione Umberto Veronesi e Direttore della Divisione di Senologia Chirurgica dell’istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano — che però sta riprendendo». In effetti hanno subito una battuta di arresto i programmi di screening, quelli che puntano a intercettare il prima possibile la presenza di eventuali tumori. «È tutto spostato in avanti, speriamo senza grossi impatti sulla salute delle persone» commenta Veronesi.
Ma ritorniamo alla ricerca, quella, in particolare, finanziata dalla Fondazione Veronesi (che per il 2020 investe 8,7 milioni di euro) e ai loro Grant, le borse di studio che vengono assegnate ogni anno.
La cerimonia per la consegna «fisica» degli attestati ai vincitori dell’edizione 2020, prevista per il marzo scorso, è stata cancellata, ma i premi ci sono. «Sono 166 le borse che abbiamo assegnato quest’anno — precisa Veronesi —. La maggior parte (120) è dedicata all’oncologia, il cuore scientifico della Fondazione: altre alle malattie cardiovascolari e croniche (11), altre ancora alle neuroscienze (in totale 20), per studiare malattie come Alzheimer, Parkinson, depressione o sclerosi laterale amiotrofica, ndr) e alla nutrigenomica (15: hanno lo scopo di indagare come le molecole dei cibi possono influenzare i nostri geni e la nostra salute, ndr)».
L’idea di ampliare i campi di ricerca si deve al professor Umberto Veronesi che, alcuni anni fa, aveva pensato che non sono solo i tumori a minacciare la salute delle persone, ma anche altre malattie, come quelle che abbiamo citato. Ed è in virtù di questa «filosofia» che oggi la Fondazione Veronesi, in piena emergenza Covid-19, ha pensato di dedicare una parte dei suoi investimenti alla ricerca su questa nuova malattia.
«Abbiamo istituito un bando Covid-19, che si è chiuso nell’aprile scorso, in collaborazione con la Regione Lombardia
e la Fondazione Cariplo — precisa Veronesi —. Su quali temi? Non sul vaccino, su cui stanno lavorando grandi istituzioni e grossi gruppi industriali, ma su altri settori, come quello delle terapie, dei dispositivi igienici di protezione, dell’ambiente e dell’epidemiologia. Con uno sguardo alle persone fragili, come i malati oncologici. Al momento abbiamo ricevuto 60 progetti, da valutare. E il budget è di 7 milioni di euro».
Un passo indietro: i Grant che vengono assegnati ogni anno sono sostenuti, in parte, dalle donazioni del 5 per mille. «Grazie alle quali, ogni anno raccogliamo dai 4 ai 4,5 milioni di euro — continua il professore —. Abbiamo finanziato 165 borse di ricerca nel 2019, quest’anno una in più». Sono borse di studio dedicate a giovani ricercatori, fino ai 35 anni.
«È vero, a 35 anni non si è proprio “giovani” ricercatori — commenta Veronesi — ma questa è la realtà del nostro Paese».
C’è, però, un’altra situazione critica da considerare per quanto riguarda i finanziamenti dei cittadini per la ricerca.
«Oggi molti italiani sono disposti a dare un contributo per la ricerca sul Covid-19, magari penalizzando altri settori — aggiunge il presidente —. Ma a parte le donazioni del 5 per mille, siamo anche in difficoltà ad attrarre fondi europei. Che ci sono. Tutti i Paesi mettono soldi per la ricerca, ma noi non riusciamo a recuperarli. Per dire: l’olanda finanzia poco, ma riesce a ottenere quattro volte tanto quello che versa. Noi, invece, mettiamo cento e riusciamo a recuperare sessanta». C’è da sperare, comunque, che l’emergenza Covid rivaluti l’importanza della ricerca agli occhi dei cittadini.
«Sì, bisogna essere ottimisti per il futuro», conclude Veronesi.
Il problema L’italia è in difficoltà ad attrarre fondi europei. Recuperiamo il 60% di quello che mettiamo