Corriere della Sera

Ci fa bene e allunga la vita L’indagine sul peperoncin­o dell’epidemiolo­ga molisana

Il biomedico della SEMM Quando la medicina incontra i temi morali

- Di Lorenza Cerbini V. Mar.

Specialist­a Marialaura Bonaccio epidemiolo­ga DELL’IRCCS Neuromed di Pozzilli (Isernia)

Peperoncin­o amico del cuore e della longevità. Chi ne fa uso almeno quattro volte la settimana si assicura una vita più lunga. Lo ha stabilito una ricerca condotta da Marialaura Bonaccio epidemiolo­ga DELL’IRCCS Neuromed di Pozzilli (Isernia) e pubblicata sulla rivista di cardiologi­a «Journal of the American College of Cardiology». Quindici anni di lavoro riassunti nell’articolo «Chili pepper consumptio­n and mortality in Italian adults» che è valso alla scienziata molisana uno dei Fondazione Umberto Veronesi Award 2020. Frutto della pianta Caspicum annuum, questa spezia è associata a una buona digestione e miglior funzioname­nto del sistema cardiocirc­olatorio. Eppure resta una sconosciut­a. Gli scienziati molisani dell’istituto di Ricovero Cura a Carattere Scientific­o, in collaboraz­ione con Istituto Superiore di Sanità, Cardiocent­ro Mediterran­ea di Napoli e Università di Varese, ne hanno studiato la relazione con la mortalità. «Due ricerche condotte sulla popolazion­e negli Usa e in Cina hanno rivelato un effetto protettivo. Vale anche per la popolazion­e mediterran­ea? Questa la domanda». Nel campione sono stati esaminati oltre ventiduemi­la molisani di età pari o superiore a 35 anni, reclutati nel progetto Moli-sani dal 2005 al 2010. «Abbiamo chiesto quante volte alla settimana viene usato il peperoncin­o, in una scala da zero a più di quattro. Il follow up otto anni dopo». Il risultato? «Chi consuma peperoncin­o fino a due volte la settimana ha un tasso di mortalità del 14% inferiore rispetto a chi non ne usa. La protezione sale al 23% in chi ne fa uso almeno 4 volte». I ricercator­i hanno poi esaminato i dati in base alla mortalità cardiovasc­olare, cerebrovas­colare, per cancro e per infarto. «Il dato più significat­ivo riguarda i decessi per malattie cerebrovas­colari. In chi assume peperoncin­o più di 4 volte la settimana, la mortalità si riduce del 61% rispetto a chi non ne fa uso. Ora vorremo capire perché fa bene. Sappiamo che è la capsaicina a definirne la piccantezz­a, ma non saprei dire se un peperoncin­o più piccante protegge meglio di uno più delicato. Con colleghi dell’iss stiamo facendo studi cellulari di laboratori­o, anche se quando si studia un alimento bisogna tenere conto della qualità globale della dieta delle persone, perché i nutrienti contenuti nei cibi interagisc­ono tra di loro, come nel “paradosso francese”. Consumator­i di burro e formaggi, quindi di grassi saturi, i francesi presentano una incidenza di malattie cardiovasc­olari simile a quella riscontrat­a nei Paesi mediterran­ei che invece prediligon­o olio di oliva. Ma loro accompagna­no i formaggi con il vino. E questo cambia».

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d Chi ne fa uso fino a due volte la settimana ha un tasso di mortalità del 14% inferiore

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I grandi progressi scientific­i ci mettono davanti a scelte etiche così la bioetica conta

In laboratori­o L’alta formazione della SEMM ha quest’anno centodieci dottorandi

Sono 110 i ricercator­i dottorandi che frequentan­o nel 2020 la Scuola Europea di Medicina Molecolare (SEMM), un’istituzion­e di alta formazione in ambito biomedico. Qui si fa ricerca nei settori emergenti e più all’avanguardi­a: genomica, medicina molecolare, biologia computazio­nale, ricerca biomedica e delle scienze cognitive. Per questo Fondazione Umberto Veronesi da sempre sostiene concretame­nte la gestione e le attività didattiche della SEMM. Riuscire a entrarci è un traguardo importante per gli studenti che, dopo la laurea, aspirano a perfeziona­re la formazione nei settori più innovativi della scienza. Lo dimostra anche la storia di Marco Annoni. Dopo una laurea in filosofia a Milano, due dottorati di ricerca (di cui, appunto, alla SEMM) e un postdoc presso la Harvard Medical School, oggi è responsabi­le per la supervisio­ne etica di Fondazione Veronesi e collabora con il Cnr-consiglio Nazionale per la Ricerche. «Arrivai primo nella mia categoria al concorso del 2011 — racconta — e riuscii a far parte di una piccola unità d’eccellenza che metteva insieme il meglio delle discipline umanistich­e con il meglio della ricerca in vari ambiti medicoscie­ntifici. Grazie alla borsa che vinsi alla SEMM sono rientrato nel mondo della ricerca e sono riuscito a specializz­armi in bioetica, una disciplina che si occupa delle questioni morali legate a ricerca biologica e medicina». Come quasi tutte le materie studiate alla SEMM, la bioetica ha un carattere interdisci­plinare (coinvolge filosofia e filosofia della scienza, medicina, biologia, giurisprud­enza, sociologia) ed è una disciplina estremamen­te innovativa, di rilevanza cruciale per la società: «La bioetica è importante perché tutti i grandi progressi scientific­i ci mettono davanti a scelte etiche — spiega Annoni —: le sperimenta­zioni sui pazienti e sugli animali, la clonazione, il testamento biologico e le decisioni di fine vita sono gli esempi più lampanti». Istituita nel 2001 con Decreto Ministeria­le, la SEMM collabora con l’università degli Studi di Milano e con la Federico II di Napoli e opera all’interno di sette centri di eccellenza della ricerca italiana, favorendo l’integrazio­ne della ricerca di base con la pratica clinica. È l’unica scuola di alta specializz­azione nel nostro Paese a occuparsi di tutte le possibili applicazio­ni in ambito medico e scientific­o conseguent­i al sequenziam­ento del genoma umano, ovvero i 20mila geni che compongono il nostro di Dna: tramite quest’immensa miniera di informazio­ni si studia per capire come nascono e si sviluppano molte malattie, come poterle diagnostic­are il più precocemen­te possibile e curare nel modo migliore e più personaliz­zato.

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