Corriere della Sera

Gli Usa e i trattati buttati nel cestino Se l’equilibrio atomico è un ricordo

- di Sergio Romano

Gli Stati Uniti stanno smantellan­do tutte le barriere costruite (dapprima con l’unione Sovietica e poi con la Repubblica Russa) per evitare che le due maggiori potenze mondiali scivolasse­ro verso un conflitto destinato a divenire inevitabil­mente nucleare. Il 26 maggio 1972 Richard Nixon e

Leonid Brezhnev avevano firmato un trattato che limitava il numero dei missili antimissil­i balistici di cui ciascuno dei due Paesi avrebbe potuto disporre. Si voleva evitare che uno Stato, dopo avere garantito la propria immunità ricoprendo il proprio territorio di missili antimissil­i, cogliesse l’occasione per scatenare sull’avversario una tempesta di ordigni nucleari. Il trattato fu denunciato il 13 dicembre 2001 durante la presidenza di George W. Bush e fu spiegato alla pubblica opinione che l’america, da quel momento, sarebbe stata libera di costruire un sistema antimissil­istico nazionale per proteggers­i dalla possibile aggression­e di uno Stato «canaglia» (una implicita allusione a Iraq e Iran). Qualcuno sospettò con ragione che l’industria missilisti­ca Usa fosse ansiosa di mettere in cantiere nuovi missili e l’urss, prevedibil­mente, replicò facendo altrettant­o. Da allora, durante la presidenza di Trump, altri trattati hanno avuto la stessa sorte. È stato denunciato quello siglato nel 1987 da Reagan e Gorbaciov. Si chiamava Inf (Trattato per le forze nucleari di medio raggio), ed era stato concepito per mettere fine alla gara missilisti­ca con cui le due potenze si erano contese il controllo dei cieli negli anni precedenti. Più recentemen­te è stato denunciato il trattato dei cieli aperti (Open Skies) con cui ogni firmatario si era impegnato a permettere che il proprio territorio venisse perlustrat­o dagli aerei degli altri. E la stessa sorte sembra minacciare il trattato Start (Trattato per la riduzione delle armi strategich­e) da rinnovare nel 2021. Sappiamo che Trump non ama i trattati internazio­nali, ma la causa di queste denunce potrebbe essere nel discorso d’addio che il generale Eisenhower pronunciò, il 17 gennaio 1961, per congedarsi dalla vita pubblica dopo il suo secondo mandato presidenzi­ale. Disse anzitutto che la guerra mondiale aveva avuto per effetto la nascita negli Usa di una enorme industria bellica e di avere constatato l’esistenza di una lobby che definì «complesso militare-industrial­e». Nel momento in cui diventava un privato cittadino il vecchio militare volle lasciare ai connaziona­li questo ammoniment­o: «Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazio­ne di poteri metta in pericolo le nostre libertà o processi democratic­i. Soltanto un popolo di cittadini vigili e consapevol­e può esigere un adeguato incrocio tra l’enorme macchina industrial­e e militare di difesa e i nostri metodi pacifici ed obiettivi a lungo termine, in modo che sicurezza e libertà possano prosperare assieme».

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