Mediobanca, Del Vecchio vuole salire al 20% Il piano: proteggere e rafforzare il sistema Italia
Chiesta l’autorizzazione alla Banca centrale europea. Il caso dello Ieo e la partecipazione nel Leone di Trieste
Leonardo Del Vecchio rompe gli indugi su Mediobanca e dopo nove mesi dall’ingresso a sorpresa nel capitale di Piazzetta Cuccia chiede alla Bce — tramite Bankitalia — di salire dal 9,9% attuale fino al 20% per creare un nuovo zoccolo duro in Piazzetta Cuccia. Nel caso di Del Vecchio — la cui holding lussemburghese Delfin non commenta le indiscrezioni di ieri di Repubblica — ci sarà ancora più interesse e scrutinio da parte della Vigilanza di Francoforte, che ha 60 giorni lavorativi per l’ok, anche se la richiesta è già stata vagliata dalla Banca d’italia.
Le ragioni strategiche dell’ingresso in Mediobanca che il patron di Essilor-luxottica esporrà alla Bce con l’assistenza degli advisor Jp Morgan (con l’ex ministro Vittorio Grilli) e l’avvocato Sergio Erede sono varie. Nell’autunno 2019 rilevò il primo pacchetto del 6,9%, poi portato a novembre al 9,9% in parallelo con l’uscita di Unicredit da Mediobanca. L’idea di fondo è dunque di realizzare un investimento che consegni alla banca un nuovo nucleo di azionariato, come da sempre Piazzetta Cuccia lo ha avuto con il patto di sindacato tra i suoi soci più importanti, appartenenti alle famiglie storiche del capitalismo italiano. La differenza sarebbe che Del Vecchio, che ha un patrimonio di 20 miliardi di euro, gode di una forza finanziaria enorme e non avrebbe bisogno di appoggiarsi alla banca di cui sarebbe socio di riferimento. Niente dunque riproposizioni di salotti passati.
Quando entrò nel capitale Del Vecchio rilasciò dichiarazioni critiche della linea del ceo Alberto Nagel, per la redditività troppo sbilanciata su Generali e sul credito al consumo più che sulla banca d’affari. Dichiarazioni poi riviste con un espresso sostegno al management. Tra Del Vecchio e Nagel (ma non solo lui) c’era stata d’altronde una forte divergenza su un’importante partecipazione di Mediobanca, l’istituto oncologico europeo (Ieo) relativa al futuro del polo sanitario milanese, cui Del Vecchio voleva donare 500 milioni: una partita non direttamente collegata ma che prima o poi verrà riaffrontata, anche alla luce degli effetti dell’emergenza Covid-19 sulla sanità lombarda.
Secondo fonti finanziarie, Del Vecchio spiegherà che gli eventuali acquisti non vorranno essere in opposizione all’attuale gestione e che a ottobre non presenterà una lista alternativa a quella che sarà preparata dal board uscente. Inoltre nei confronti del management c’è la disponibilità ad appoggiarne il piano industriale, che andrà comunque rivisto anche alla luce della crisi causata dalla pandemia.
C’è poi il tema Generali, di cui sono azionisti sia del Vecchio (con il 4,8%) sia Mediobanca (con il 12,8%). Del Vecchio spinge da tempo perché la compagnia cresca, anche con acquisizioni per le quali potrebbe essere necessario un aumento di capitale, finora mai effettuato. Il sogno di Del Vecchio sarebbe quello di un grande polo della finanza (come quello realizzato tra la sua Luxottica e la francese Essilor) al contempo dando stabilità alle due importanti istituzioni finanziarie con un socio forte, proteggendole da eventuali scalate estere: un ragionamento da imprenditore e investitore ma in un atteggiamento positivo verso il management. Del Vecchio avrebbe poi un interesse finanziario immediato: il 10% è stato comprato con l’azione a 10 euro; Mediobanca vale ora 5,8 euro.
Resta tuttavia il tema dell’indipendenza di Mediobanca da tutelare, in quanto valore fondante di una banca d’affari per di più ormai «public company», oltre al fatto che ci sono pochi precedenti di un industriale che abbia raggiunto un’influenza così marcata in una banca (4 casi su 127 istituti in Europa), circostanza che potrebbe far allontanare alcuni soci (la famiglia Doris, che ha il 3,3%, l’ha fatto capire). «Se Del Vecchio usa Mediobanca come porta d’accesso per il controllo di Generali lo deve esplicitare, e deve chiarire come sarà dopo di lui la governance di Delfin», commenta l’economista Stefano Caselli. E anche la politica accende un faro: «È il colpo del secolo, il sistema bancario e assicurativo italiano parlerà solo francese», dice Adolfo Urso (FDI), vicepresidente del Copasir. E Giulio Centemero (Lega) avvisa: «Non possiamo perdere nostri asset strategici, vanno valorizzati».
Piazzetta Cuccia
La banca d’affari di Piazzetta Cuccia: la nostra indipendenza è centrale