Mattarella, omaggio a Codogno
Mattarella in Lombardia, poi allo Spallanzani «Contro la crisi servono responsabilità e coesione Qui c’è la forza morale che tiene unito il Paese»
«Da Codogno riparte l’italia del coraggio». Così Sergio Mattarella durante la visita nel Comune lombardo. «Contro la crisi servono responsabilità e coesione».
Nella targa al cimitero sotto la quale hanno deposto una corona di rose, la dedica dice: «Il presidente della Repubblica a ricordo dei caduti del Covid 19». Caduti, proprio come sta scritto su infiniti cippi e monumenti d’italia per ricordare i morti in guerra. Ecco cos’è stata l’epidemia che ha già falciato più di 33 mila vite. È l’unica metafora legata alla retorica militare che Sergio Mattarella si concede nella visita a Codogno, paesone del Basso Lodigiano, per solennizzare il 2 giugno. Il luogo del primo focolaio e della prima «zona rossa» e per questo l’ha scelto come simbolo del dolore e dei lutti provocati dall’epidemia.
Una piccola città martire, Codogno, che il capo dello Stato eleva a rappresentazione del riscatto nazionale. Se ne dice «sicuro», quando arriva in municipio. «Qui oggi, come poche ore fa all’altare della Patria, è presente l’italia della solidarietà, della civiltà, del coraggio. In una continuità ideale in cui celebriamo quel che tiene unito il Paese: la sua forza morale. Da qui vogliamo ripartire. Con la più grande speranza per il futuro». Sono parole che completano il suo discorso di lunedì e il messaggio del mattino ai prefetti, quando ha evocato «la forza» e la volontà di «rinascita» del Paese, nonostante le difficoltà di una crisi che «non è finita». E non a caso ammette che si profilano pericoli di disgregazione sociale. La guerra, perché questa è l’espressione sottintesa, «esige unità, responsabilità e coesione». Ossia quel sentimento prepolitico che matura sull’idea di «condividere un unico destino». Uno «spirito» che rischia di essere minato da «nuove forme di povertà, deprivazione e discriminazione, quando non di odioso sfruttamento». Serve dunque, invece di malposte euforie o ansie di conflitto (come si è visto ieri nelle manifestazioni a Roma), «una paziente attività di mediazione sociale», un ritrovarci insieme «in un impegno che non lasci spazio a polemiche o distinzioni».
Certo, in Lombardia Mattarella non può non rievocare che il Paese sia stato investito da «un fenomeno di inimmaginabile velocità di diffusione, sconosciuto anche alla scienza». E riconosce che chi ha dovuto affrontarlo in vari ruoli, «governo nazionale e amministratori locali» (come il governatore Fontana, bersaglio di aspre accuse), «ha dovuto procedere spesso per tentativi, di fronte all’imprevedibilità dell’epidemia». Se ne stiamo uscendo, lo dobbiamo alle «migliaia di gesti solidali, coraggiosi, di testimonianze di altruismo e abnegazione nell’aiuto a chi aveva bisogno». Il presidente ne dà atto a tanti, rilevando come l’italia abbia dimostrato di avere «un patrimonio morale, spesso sommerso, che va esaltato e messo a frutto». Per onorarlo, in serata si è presentato all’ospedale Spallanzani di Roma, al concerto organizzato dalla Regione Lazio.