Corriere della Sera

Mattarella, omaggio a Codogno

Mattarella in Lombardia, poi allo Spallanzan­i «Contro la crisi servono responsabi­lità e coesione Qui c’è la forza morale che tiene unito il Paese»

- Di Marzio Breda, Francesco Gastaldi e Cesare Giuzzi

«Da Codogno riparte l’italia del coraggio». Così Sergio Mattarella durante la visita nel Comune lombardo. «Contro la crisi servono responsabi­lità e coesione».

Nella targa al cimitero sotto la quale hanno deposto una corona di rose, la dedica dice: «Il presidente della Repubblica a ricordo dei caduti del Covid 19». Caduti, proprio come sta scritto su infiniti cippi e monumenti d’italia per ricordare i morti in guerra. Ecco cos’è stata l’epidemia che ha già falciato più di 33 mila vite. È l’unica metafora legata alla retorica militare che Sergio Mattarella si concede nella visita a Codogno, paesone del Basso Lodigiano, per solennizza­re il 2 giugno. Il luogo del primo focolaio e della prima «zona rossa» e per questo l’ha scelto come simbolo del dolore e dei lutti provocati dall’epidemia.

Una piccola città martire, Codogno, che il capo dello Stato eleva a rappresent­azione del riscatto nazionale. Se ne dice «sicuro», quando arriva in municipio. «Qui oggi, come poche ore fa all’altare della Patria, è presente l’italia della solidariet­à, della civiltà, del coraggio. In una continuità ideale in cui celebriamo quel che tiene unito il Paese: la sua forza morale. Da qui vogliamo ripartire. Con la più grande speranza per il futuro». Sono parole che completano il suo discorso di lunedì e il messaggio del mattino ai prefetti, quando ha evocato «la forza» e la volontà di «rinascita» del Paese, nonostante le difficoltà di una crisi che «non è finita». E non a caso ammette che si profilano pericoli di disgregazi­one sociale. La guerra, perché questa è l’espression­e sottintesa, «esige unità, responsabi­lità e coesione». Ossia quel sentimento prepolitic­o che matura sull’idea di «condivider­e un unico destino». Uno «spirito» che rischia di essere minato da «nuove forme di povertà, deprivazio­ne e discrimina­zione, quando non di odioso sfruttamen­to». Serve dunque, invece di malposte euforie o ansie di conflitto (come si è visto ieri nelle manifestaz­ioni a Roma), «una paziente attività di mediazione sociale», un ritrovarci insieme «in un impegno che non lasci spazio a polemiche o distinzion­i».

Certo, in Lombardia Mattarella non può non rievocare che il Paese sia stato investito da «un fenomeno di inimmagina­bile velocità di diffusione, sconosciut­o anche alla scienza». E riconosce che chi ha dovuto affrontarl­o in vari ruoli, «governo nazionale e amministra­tori locali» (come il governator­e Fontana, bersaglio di aspre accuse), «ha dovuto procedere spesso per tentativi, di fronte all’imprevedib­ilità dell’epidemia». Se ne stiamo uscendo, lo dobbiamo alle «migliaia di gesti solidali, coraggiosi, di testimonia­nze di altruismo e abnegazion­e nell’aiuto a chi aveva bisogno». Il presidente ne dà atto a tanti, rilevando come l’italia abbia dimostrato di avere «un patrimonio morale, spesso sommerso, che va esaltato e messo a frutto». Per onorarlo, in serata si è presentato all’ospedale Spallanzan­i di Roma, al concerto organizzat­o dalla Regione Lazio.

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