«Valutiamo il via libera dal 15 giugno Ma solo per Bolzano e Regioni sane»
Il ministro degli Esteri di Vienna: noi «frugali» disposti al compromesso
BERLINO «L’ho detto molto chiaramente all’ambasciatore italiano a Vienna e al mio collega, il ministro Di Maio: questa non è una decisione contro l’italia, che è un Paese partner e amico».
Il ministro degli Esteri austriaco, Alexander Schallenberg, pesa le parole subito dopo avere annunciato la riapertura delle frontiere dell’austria a sette Paesi confinanti, ma non all’italia.
«Quello che abbiamo fatto oggi», dice nell’intervista esclusiva al Corriere, «è stato solo un primo passo verso il ristabilimento della libertà di viaggiare in Europa. Non è una decisione finale. Sfortunatamente la situazione della pandemia non ci permette ancora di fare la stessa cosa con l’italia. E sottolineo non ancora. Siamo nella stessa situazione di Svizzera e Slovenia, anche loro non hanno ancora aperto le frontiere all’italia. Ma sono ottimista e fiducioso che saremo presto in grado di farlo».
Il suo collega, il ministro della Salute, ha parlato del 15 giugno.
«Lavoriamo senza sosta e pensiamo di poter fare un annuncio già nella prossima settimana. Il 15 giugno non è escluso, ma non posso ancora confermarlo. Stiamo discutendo con il ministero della Salute per trovare una posizione comune. Lei sa anche che le autorità di Bolzano ci hanno fatto una proposta interessante, quella di adottare un approccio regionale».
Sta dicendo che potreste aprire le frontiere in modo selettivo ad alcune regioni italiane?
«Esatto, basandoci sui buoni numeri della pandemia in alcune di queste. Ne parliamo nel governo anche per figurare i problemi tecnici e le conseguenze pratiche di questa opzione, che è senz’altro una
di quelle che valutiamo».
Detto altrimenti, un accordo speciale per aprire le frontiere austriache solo agli italiani che vengono dalla provincia di Bolzano o da qualche altra Regione, dove c’è uno sviluppo positivo della pandemia?
«È così, ma non lo abbiamo ancora finalizzato. Ripeto, quella odierna non è una decisione finale. Francamente, abbiamo interesse a riaprire la nostra frontiera meridionale. Ci sono molti austriaci che vogliono visitare l’italia e molte famiglie austro-italiane che desiderano essere riunite. Lo faremo alla prima occasione, non appena la pandemia lo consentirà. Lei sa però che c’è molta delusione nel governo e nell’opinione
pubblica in Italia per questa esclusione.
«Lo capisco perfettamente. E posso dirle che per noi non è stata una decisione facile. Ma penso che la prossima settimana avremo un quadro più chiaro o sulla possibilità di un’apertura totale o su una parziale iniziando con alcune regioni. Posso assicurarle che vogliamo riaprire le frontiere con l’italia non appena i numeri lo renderanno sicuro. Ma è una questione di giorni più che di settimane. Siamo perfettamente coscienti che l’austria è al crocevia d’europa e oggi abbiamo iniziato il cammino verso la piena libertà di circolazione».
Signor ministro, l’austria è uno dei quattro cosiddetti «Paesi frugali», che dicono
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I Paesi Ue in difficoltà vanno aiutati: non si tratta di “se” ma di “come”. Sono necessari prestiti di emergenza Ma il Recovery Fund deve essere limitato nel tempo
no al Recovery Act da 750 miliardi di euro, proposto dalla Commissione per aiutare i Paesi più colpiti dalla pandemia e dalla crisi economica. Perché?
«Una cosa è certa: siamo d’accordo che i Paesi dell’ue in difficoltà vanno aiutati. Non si tratta di se, ma di come farlo. Quello che vediamo a Bruxelles, dove ho lavorato per molti anni, è il normale inizio di un processo negoziale. Francia e Germania hanno fatto una proposta, altri come i “quattro frugali” hanno fatto la loro. E ora c’è la proposta della Commissione. Se guarda al nostro documento, sostiene la necessità di aiuti d’emergenza nella forma di prestiti e ripete le nostre posizioni tradizionali contro la mutualizzazione dei debiti. Per questa ragione per noi è importante che il Recovery Fund sia limitato nel tempo. Alla fine dovrà esserci un compromesso accettabile per tutti».
Già, ma il tempo non è dalla nostra parte. La crisi è ora e molte economie europee stanno semplicemente collassando.
«Ecco perché vogliamo fornire aiuti d’emergenza rapidamente attraverso prestiti. I quattro Paesi frugali non sono anti-europei. Riconosciamo il nostro dovere di solidarietà e daremo solidarietà. C’è un Consiglio europeo il 19 giugno e lì avrà luogo una prima discussione».