«Quella notte ero stremata, ora ripartiamo»
Il rugbista per 70 giorni in ambulanza
«Ieri alle 7 del mattino ero in ospedale per iniziare il turno. Mi ha chiamato un giornalista, si complimentava e non capivo perché». Quando le hanno detto che il presidente Mattarella l’aveva scelta, Elena Pagliarini era vicina alla scrivania su cui crollò a inizio marzo. «Quella notte era successo di tutto, ero stremata», racconta, emozionata per quel riconoscimento che dedica ai colleghi infermieri: «Abbiamo lottato, ora ci rimbocchiamo le maniche per ricominciare». La stanchezza? «Resta, ma ora è tutto diverso, soprattutto se ripenso ai giorni folli in cui il Pronto soccorso era intasato e non sapevamo dove mettere i pazienti». Squilla il telefono, è la mamma di Elena. «Ti ho vista al tg», dice. «Condividerò con lei questa gioia». E finalmente sorride. (Enrico Galletti)
Si stava allenando con i compagni delle Zebre di Parma, in tre gruppi. «Mentre ero in campo è entrata metà squadra e mi ha detto dell’onorificenza. Non ci credevo». Maxime Mbandà, 27 anni, terza linea, azzurro del rugby, dall’inizio dell’emergenza ha lavorato come volontario sulle ambulanze della Croce Gialla. «Sono stati i 70 giorni più impegnativi di sempre. La sera piangevo, non dormivo, restavo in servizio per ore fino a farmi la pipì addosso». È stato un lavoro di squadra. «Condivido questo momento con tutta la Croce Gialla, con chi non ha voce ma fa il lavoro sporco». Dopo l’allenamento, la partenza. «Sono corso dai miei genitori (Luisa e Luwa) a Milano. Senza i loro insegnamenti non sarei la persona che sono. Il riconoscimento lo dedico a loro». (E. Gal.)