Principi e manager «Palazzo Parigi» è il cinque stelle che riapre a Milano
Incognita voli, confini chiusi, turisti fantasma. A Palazzo Parigi le camere occupate sono soltanto una decina ma la novità è paradossalmente proprio questa: da ieri l’albergo a cinque stelle milanese a pochi passi dal Quadrilatero della Moda ha rialzato la claire. Prima del Ritz di Parigi in place Vendôme, prima del Four Seasons di Londra a Park Lane, proprio nella città focolaio d’europa, indicata in tutto il mondo come lazzaretto Covid alla stregua di Wuhan. «Se Milano è una Ferrari rimasta in garage per mesi, per farla ripartire serve la benzina — spiega l’architetto Paola Giambelli, proprietaria del grand hotel —. E la benzina oggi è l’audacia di chi prova a riaccendere il motore».
Di 22 alberghi di lusso a Milano, solo due hanno già riaperto dopo il lockdown: Palazzo Parigi, appunto, e Il Me Milan Il Duca in piazza della Repubblica (Meliá). Le altre strutture di lusso — Principe di Savoia e Excelsior Gallia in testa — o aspetteranno il primo luglio, o non hanno ancora fissato una data per richiamare i dipendenti in servizio. O, ancora, hanno riaperto solo ristorante e caffè, come il Mandarin Oriental. «Per far quadrare i conti, un albergo di lusso dovrebbe riempire almeno la metà delle camere», spiegano da Federalberghi.
Ma quello che serve adesso è un propulsore psicologico, nel settore più colpito dalla crisi, con nove dipendenti su dieci in cassa integrazione a livello nazionale: «Ci vuole tanto coraggio per ripartire ora — insiste Giambelli —, gli altri alberghi sono indecisi ma bisogna dare un segnale, aprirsi alla città, anche cambiando qualcosa se necessario. Noi a differenza degli altri grandi gruppi internazionali del lusso abbiamo una gestione più agile e familiare, e anche i nostri clienti cercano questo tipo di approccio».
Il primo ospite — con minimo preavviso — è stato il principe Federico Pignatelli della Leonessa, fondatore degli studios Pier59 di New York, rimasto bloccato ad Amsterdam mentre era diretto a Stoccolma. «Non potevo raggiungere la Svezia per il virus, così ho dirottato su Milano: questo albergo è come una casa per me». E in effetti, sono bastate due ore, ai proprietari, per preparargli le suite, con tanto di chef personale. «Dopo di lui sono arrivati o arriveranno in questi giorni imprenditori e habituée dell’hotel dall’italia, dalla Francia e dall’inghilterra — aggiungono nella hall —. In totale, dieci camere occupate su 98».
Ma a Palazzo Parigi l’onda lunga per la ripartenza era iniziata già nelle scorse settimane. I dipendenti sono tornati progressivamente al lavoro, fino a un terzo del totale (una cinquantina di persone su 150). Prelievi sierologici fatti in hotel dagli infermieri di un laboratorio privato e termoscanner per chiunque entri nella lobby. Certo, la piscina è vuota e il centro benessere orientaleggiante ancora chiuso sia agli ospiti sia ai soci. Ma (foto Stefano De Grandis)