Bolsonaro e le vittime «Prima o poi tutti dobbiamo morire»
Lo ha detto mentre il bilancio dei decessi continua a salire, inesorabile. «Mi dispiace per le vittime di Covid ma moriremo tutti». Poche parole. Ma che — ancora una volta — hanno riacceso la miccia delle polemiche. A pronunciarle sempre lui, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro. Occasione, un incontro con alcuni sostenitori davanti al palazzo presidenziale di Brasilia. A una di loro che gli chiedeva «una parola di conforto», Bolsonaro prima ha replicato: «Abbi fede che cambieremo il Brasile». E poi ha aggiunto: «Mi dispiace per tutti i morti, ma è la fine di tutti noi». In mezzo, qualche citazione biblica.
Più forte del leader populista parlano i dati: ieri il Brasile ha registrato un nuovo record di vittime da Covid-19: 1.262 nelle ultime 24 ore, che portano il bilancio totale a 31.199. Un conteggio tra più drammatici, da imputare in parte — secondo gli osservatori internazionali — all’opposizione del governo al lockdown e alla scelta di puntare più sulla clorochina che su tamponi e test. Fin dall’inizio della pandemia, Bolsonaro ha più volte denunciato «esagerazioni» da parte della stampa e ha difeso la necessità di combinare la lotta all’emergenza sanitaria con la difesa dell’occupazione, evitando la serrata totale. Ha poi spinto parecchio per l’uso del farmaco antimalarico nei pazienti sin dai primi sintomi della malattia. Una posizione che ha portato alle dimissioni di due ministri della Salute, Luis Henrique Mandetta e Nelson Teich.
Risultato — è notizia di ieri — è stato nominato un nuovo ministro della Sanità, Eduardo Pazuello. Non certo un medico di formazione ma un generale
d
Fiducia nel governo dell’esercito. Poi sempre ieri è arrivato il via libera al nome di Carlos Wizard, milionario vicino ai mormoni. Per lui una posizione chiave del ministero della Sanità: responsabile della segreteria di Scienza, Tecnologia e Forniture strategiche del dicastero, con l’obiettivo di incoraggiare l’uso della clorochina nella cura del Covid19. Come dire, insomma, che la terapia la decide il presidente, con l’aiuto dell’esercito e degli amici più ricchi.
A protestare contro questa linea, gli attivisti di Anonymous Brasil che nelle scorse ore hanno divulgato sui social documenti privati di Bolsonaro, nonché due dei suoi figli e alcuni ministri del suo governo. Tra i dati pubblicati in rete per alcuni minuti: i numeri di telefono, i codici fiscali e la situazione patrimoniale degli interessati con tanto di dettagli su case e auto intestate. Il gruppo hacker ha minacciato poi di pubblicare informazioni che avrebbero collegato il capo dello Stato alla «morte di una persona pubblica». E ha violato i dati riservati del ministro dell’istruzione, Abraham Weintraub, e della ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia, Damares Alves. Un’operazione su larga scala, dunque che ha costretto il ministro della Giustizia e della Pubblica sicurezza, André Mendonca, a chiedere alla polizia federale indagini immediate.
E non solo. Al grido di «Vidas negras importam», le vite dei neri contano, i nativi, i neri e i movimenti Lgbt dello Stato di Amazonas, sono scesi in piazza nella città di Manaus, la più popolosa della regione, per manifestare contro le politiche discriminatorie del presidente e l ’omicidio del cittadino afro-americano George Floyd. Il tutto mentre a Rio de Janeiro resta forte la rabbia e la tensione per la morte del 14enne Joao Pedro Matos Pinto, ucciso dalla polizia il mese scorso. Ma lui, Bolsonaro, commentando quanto accaduto negli Stati Uniti e riferendosi ai manifestanti, ha chiosato: «Sono dei delinquenti, dei terroristi». Altre parole che gettano benzina su fiamme già alte.