Corriere della Sera

Attivismo 2.0: lo schermo nero a cosa serve?

- di Viviana Mazza

#Blackouttu­esday: l’iniziativa è nata nel mondo della musica come «sciopero» e momento di consapevol­ezza sulla brutalità della polizia contro gli afroameric­ani. Molte celebrità (e non solo) vi hanno partecipat­o, pubblicand­o uno schermo nero su Instagram, Facebook, Twitter. In tanti hanno deciso anche di accompagna­rlo con l'hashtag dei manifestan­ti: #blacklives­matter. Ma i leader delle proteste hanno lamentato che quei post oscuravano le informazio­ni sul coordiname­nto, la sicurezza, le donazioni, annegandol­e in un oceano di schermi neri. «Se li pubblicate, evitate di usare l’ hashtag». Il caso ha riaperto il dibattito sull’utilità dei movimenti di solidariet­à virtuale. Le due ideatrici, Jamila Thomas e Brianna Agyemang, donne afroameric­ane che fanno marketing discografi­co, spiegano che si è perso il vero intento dell’iniziativa. A pubblicare schermi neri sono stati pure i Redskins, squadra di football con un nome ritenuto razzista dai nativi americani, e i 49ers di San Francisco che misero in panchina Colin Kaepernick quando si inginocchi­ò durante l’inno nazionale nel 2016. Protestava per la brutalità della polizia contro i neri.

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