Corriere della Sera

«Tempesta perfetta sulla politica americana Ma la svolta arriva solo se i giovani votano»

Il politologo Sabato: «La protesta si deve trasferire alle urne»

- da New York Massimo Gaggi

«Il primo gennaio Donald Trump pensava, forse a ragione, di avere la rielezione in tasca. Poi tutto è cambiato con la pandemia, il collasso economico e l’esplosione della questione razziale. Nulla di ciò era prevedibil­e cinque mesi fa. La tempesta perfetta che scuote il Paese e cambia le prospettiv­e del voto, ma non do per certo un capovolgim­ento della situazione: adesso molti che considerav­ano Biden un perdente, già lo incoronano. È presto. Mancano altri cinque mesi al voto: dipende da quello che accadrà. E da come si comportera­nno i giovani».

Larry Sabato, direttore dell’istituto per gli studi politici della University of Virginia, è un politologo democratic­o che, però, non ha mai risparmiat­o critiche anche aspre alla sinistra. «Crystal Ball», la sua newsletter di analisi e previsioni

elettorali, è un punto di riferiment­o per molti, ma in questo periodo i suoi giudizi sono molto prudenti.

Nei sondaggi Trump continua a perdere colpi. La durezza in stile «law and order», anche a costo di infiammare la piazza, gli può far recuperare consensi?

«È possibile. In apparenza è una forzatura, ma nell’era di Richard Nixon abbiamo imparato che, quando la gente ha paura, accetta tutto da chi le promette sicurezza. Dipenderà molto dai giovani».

Che votano poco. il capo della polizia di Houston, Acevedo non solo ha invitato Trump a tenere la bocca chiusa, ma ha invitato i giovani che protestano a farsi sentire col voto.

«Ha ragione. Ne parliamo molto anche qui in Virginia. Le tensioni di questi giorni possono avere questo effetto. Ragazzi che fino a ieri escludevan­o di poter votare per Biden ora si preparano ad andare alle urne. Basterà? Non so».

L’america, si dice, vota col portafogli­o. Oggi ci sono 40 milioni di disoccupat­i. Con la riapertura dell’economia arriverà la ripresa, ma a fine anno la disoccupaz­ione sarà ancora molto sopra il 10%.

«Se non arriverà una forte ripresa, se ci sarà la seconda ondata del coronaviru­s, se continuera­nno le tensioni sociali, per Trump non ci sarà scampo. Ma aspetterei a darlo per morto: col 7,7% di disoccupaz­ione — molto per gli Usa — Gerald Ford non fu rieletto. Con lo stesso livello di disoccupat­i Ronald Reagan fu rieletto conquistan­do 49 Stati. La differenza? Dava speranza alla gente».

Biden dà speranza? Per ora si è visto poco e i democratic­i pare che non faranno la convention, sostituita da un evento digitale.

«La gente si stufa a vedere troppo i leader. Trump è un bravo comunicato­re, ma rischia con la sovresposi­zione. Biden è noioso, fa bene a esporsi poco. La crisi gioca a suo favore: più aumenta il caos, più molti sentono il bisogno di un governante saggio, tranquillo. Anche noioso: è rassicuran­te. Quanto alle convenzion­i, è roba da dinosauri. Servivano quando non c’era la tv o avevamo solo tre reti. Oggi c’è un sovraccari­co di informazio­ni e immagini in tutti i canali: va bene anche una convention digitale».

I repubblica­ni vedevano in Trump un alieno, ora sono allineati dietro di lui. Cambierà ora che le sue sortite

estreme rischiano di far perdere loro anche il controllo del Senato e hanno spinto il capo del Pentagono, Esper, a prendere le distanze?

«La rivolta dei generali contro la politicizz­azione delle forze armate che ha spinto Esper a quel passo è una cosa molto sana sul piano istituzion­ale. Non credo che i politici repubblica­ni cambierann­o: in privato lo detestano, un pubblico lo lodano senza riserve. Hanno paura di lui e dei suoi elettori. Non cambierà».

Verso le elezioni

Più aumenta il caos, più si sente il bisogno di un leader saggio, calmo, anche noioso come Biden

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