La caduta di Prodi (per tre milioni) la confessione e le diete ingrassanti
Quando disse: «Il carcere è una medicina»
Hanno arrestato di nuovo Sergio De Gregorio (qualcuno avverta il Cavaliere: poi capirete perché). De Gregorio è un vecchio pesciaccio della politica e del giornalismo. Tipo pesce palla: all’apparenza innocuo, e invece velenosissimo.
Stavolta sarebbe il perno di alcune società create appositamente per nascondere tir di denaro. Il gip Antonella Minunni: «Uomo di eccezionale caratura criminale».
Non è che li beccano proprio sempre: ma quelli come lui, sì. Li frega l’ambizione, l’ingordigia. Per far cadere il secondo governo guidato da Romano Prodi — proprio mentre stava per diventare presidente della commissione Difesa — il prezzo fissato da De Gregorio fece epoca: 3 milioni. Poi passò — era il 2007 — dall’italia dei Valori di Antonio Di Pietro («Se lo prendo — urlava Tonino con le vene sul collo — ci faccio quattro prosciutti!») al centrodestra.
Memorie.
Anni dopo. Il primo giorno di marzo del 2013, le dieci del mattino. Eccolo venire avanti nel corridoio dei busti di Palazzo Madama — abito di sartoria napoletana, le spalle a camicia, il nodo della cravatta nascosto dal doppio mento. Le agenzie avevano appena battuto la notizia: Silvio Berlusconi indagato dalla Procura di Napoli per corruzione e finanziamento illecito dei partiti e lui, De Gregorio, era un senatore del Pdl con i giorni contati, i modi delicati intatti, il solito spaventoso tasso di spregiudicatezza. «Sa, devo prendere atto che un’epoca è cambiata e il carcere è la medicina da bere». Sorrise come sanno sorridere i tipi come lui. «E comunque io non scappo: adoro la mia famiglia, amo mia moglie e ho tre figli che sono la mia felicità... ci prendiamo un caffè alla buvette?».
La solita ciofeca, il fioretto di berla, anche se poi lui, nelle settimane precedenti, aveva già detto parecchio ai magistrati. «Sì, è vero: sono stato comprato da Berlusconi. L’obiettivo era sabotare Palazzo Chigi, far cadere Prodi. Due milioni li ho avuti in nero, il resto come sostegno al mio movimento. Non mi voglio giustificare, so che è un reato. Ma, all’epoca, diciamo tra il 2006 e il 2007, avevo debiti fino al collo» (intermediario e «postino», Walter Lavitola, un faccendiere che frequentava anche Palazzo Grazioli).
Al termine del colloquio, De Gregorio volle pagare la ciofeca. Sulla porta della buvette, la sua stretta di mano molle. «La saluto: temo non ci rivedremo presto».
(Aveva una buona conoscenza del codice penale, un curriculum già sostanzioso: riciclaggio e favoreggiamento della camorra — Napoli, 2007; corruzione — Roma, 2008; concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzato al riciclaggio — Reggio Calabria, 2008; truffa e fatturazioni false nelle indagini sul quotidiano L’avanti — Roma, aprile 2012).
Era a metà del salone Garibaldi, il transatlantico del Senato: ma all’improvviso si voltò e tornò indietro, i passi leggeri, nonostante il parquet scricchiolasse: «Spero abbia chiaro qual è il titolo di domani: la stagione di Berlusconi è finita».
Gli era rimasto il senso della notizia.
De Gregorio comincia a fare il cronista a 19 anni, nella redazione napoletana di Paese Sera, un quotidiano che resta nella leggenda del giornalismo italiano e che, non casualmente, lo arruola: il ragazzo ha talento, diventa un formidabile «pistarolo» e un grande inviato speciale come Joe Marrazzo lo prende in simpatia, lo chiama affettuosamente o’ guaglione. Nel 1980, De Gregorio fonda una propria agenzia: la Alfa Press Service. Poi inizia a collaborare con L’espresso, con Tg2 Dossier, con Oggi. Viaggia, sceglie teatri di guerra: Ruanda, Libano, Nicaragua, Iraq. «Sono stato il primo ad entrare in Iraq travestito da medico della Croce Rossa». Ma è fingendosi un turista che gli riesce il colpaccio (non si è mai ben capito chi fu a dargli l’imbeccata, forse i nostri servizi segreti, forse — per un giro strano che sarebbe lungo ricostruire — qualcuno del Mossad, i servizi israeliani): De Gregorio sale a bordo della stessa nave da crociera, la Monterey, dove — con nome e documenti di copertura — è in vacanza Tommaso Buscetta, e riesce a farci amicizia. Una sera finiscono addirittura al piano bar e, insieme, cantano «Guapparia». Scoop planetario.
Ma la vita da inviato è faticosa. E, soprattutto, non si diventa ricchi. Così s’avvicina alla Rai e a Mediaset. Collabora con Enzo Biagi, Enzo Tortora e Rita Dalla Chiesa. Il giornalismo è molto presto una scusa. Il suo nuovo orizzonte: la politica. Nel 2005 sta per candidarsi con Forza Italia alle Regionali, i manifesti sono già affissi, ma all’ultimo l’accordo salta: lui prima s’infuria, poi decide di fare il giro largo. Va a bussare alla porta di Di Pietro, e Di Pietro gli apre e lo candida. Un trionfo: o’ guaglione si presenta con 80 mila voti e viene eletto in carrozza (festeggiamenti memorabili, con Peppino Di Capri in concerto e simil Oba-oba, in realtà quattro ragazzone di Ercolano, sul palco con piume e paillettes).
Il piano ha funzionato: sì, è dentro, è in Parlamento. Adesso può puntare al Cavaliere. Dirà la segretaria di De Gregorio: «Era alla continua ricerca anche di mezzo euro. Ma, nel luglio del 2007, alla vigilia del suo passaggio nel centrodestra di Berlusconi, tutto cambiò: l’onorevole cominciò ad avere una grande disponibilità di denaro...».
L’ultimo libro scritto da Sergio De Gregorio è Diete dimagranti, diete ingrassanti (Ed. Sarva).
Lo scoop Quand’era giornalista si trovò in crociera con Tommaso Buscetta: un colpaccio planetario