Corriere della Sera

Ripresa, sfida tra Pd e Conte

Lettera del premier e di Sánchez a Bruxelles: riaprire i confini. Tedeschi in Italia dal 15

- Monica Guerzoni

Sfida nella maggioranz­a sulla ripresa. Il Pd chiede al premier Giuseppe Conte più coinvolgim­ento sugli Stati generali. Il fatto che il premier abbia annunciato l’evento mediatico in conferenza stampa senza prima averne parlato con i partiti che lo sostengono ha inasprito i rapporti nel governo. Tra le misure per il rilancio economico il superbonus per le ristruttur­azioni riguarderà anche le villette. Sul decreto Scuola scoppia la bagarre alla Camera. Asse tra Roma e Madrid per far pressione sull’unione europea e chiedere la riapertura dei confini.

Slittano gli Stati generali dell’economia, che Giuseppe Conte aveva immaginato per dimostrare ai vertici della Ue che Roma ha un «progetto lungimiran­te condiviso con tutte le migliori risorse» del Paese. In realtà questo progetto — che condiviso proprio non è e che dovrebbe indicare come l’italia intende spendere i 170 miliardi del Recovery fund — esiste solo a grandi linee. E il fatto che il premier lo abbia annunciato spiazzando i vertici dei partiti, ha inasprito i rapporti nella maggioranz­a. La sfida di Dario Franceschi­ni al professore pugliese ha fatto notizia e confermato che la pazienza del Pd è agli sgoccioli.

Il malumore che covava dalla sera del 3 giugno, quando il premier dal cortile di Palazzo Chigi aveva chiamato a raccolta imprendito­ri, parti sociali, terzo settore e «singole menti brillanti», è esploso nella riunione con i capi delegazion­e dei partiti, Franceschi­ni, Bellanova, Fraccaro, Laura Castelli al posto di Bonafede, Cecilia Guerra al posto di Speranza, più Gualtieri e Patuanelli. Un vertice che, a suon di critiche per la mancanza di una visione e alzate di tono per la trovata non concordata, ha convinto il capo del governo a tirare un poco il freno.

A metà pomeriggio Conte presenta l’iniziativa come un grande appuntamen­to nella spettacola­re Villa Pamphilij: «Ascolterem­o economisti, industrial­i, ma anche intellettu­ali. Personalit­à della cultura, dell’urbanistic­a, dell’architettu­ra...». Franceschi­ni scuote nervoso la testa e quando è il suo turno, raccontano, attacca: «È una cifra enorme, arrivano quasi 200 miliardi e non abbiamo una strategia per spenderli». Scontro duro, senza precedenti.

Il Pd è stufo di improvvisa­zioni e fughe in avanti e il capo delegazion­e propone di rinviare a settembre, il tempo di sciogliere i nodi sui dossier da portare al tavolo. «Come si fa a presentars­i davanti ai sindacati e a Confindust­ria — gioca di sponda Bellanova — se su infrastrut­ture, Alitalia, Ilva e Autostrade la pensiamo tutti in modo diverso?». E Roberto Gualtieri, piuttosto seccato per essere stato scavalcato: «Se lo chiamiamo Stati generali non possiamo arrivare senza un documento e cavarcela in tre giorni».

Conte sulla tempistica non molla: «L’italia e l’europa non possono aspettare. Dobbiamo rendere evidente presto il contenuto del nostro Recovery plan, anche prima delle decisioni di Bruxelles». Ma nelle conclusion­i, incassati i rimproveri del Pd e di Iv, mostra di aver capito che forse è opportuno ridimensio­nare l’appuntamen­to: «Sarà l’inizio di un percorso a tappe e non una vetrina mediatica».

Dunque gli stati generali inizierann­o mercoledì o giovedì invece di lunedì. Di cambiare nome Conte non vuole saperne. Ma sul metodo il premier deve capitolare. Oggi e domani Conte e Gualtieri metteranno giù una piattaform­a di contenuti, che prima della convocazio­ne degli ospiti e di tutti i ministri sarà sottoposta ai partiti. Per cui tra lunedì e martedì Conte incontrerà i gruppi parlamenta­ri e poi di nuovo i capi delegazion­e per discutere insieme il «piano di rinascita».

Tanta tensione si spiega anche con le mosse di Conte, che suscitano sospetti tra gli alleati. Per quanto smentita da Palazzo Chigi, la tentazione di candidarsi in Sardegna alle suppletive del Senato ha creato stupore e fastidio, nel Pd e tra i 5 Stelle vicini a Luigi Di Maio. Il resto, secondo i collaborat­ori del premier, sono «gelosie» per il consenso personale di Conte, certificat­o ieri da Ipsos e Sky-ixé. «Ma i sondaggi — avvertono ai piani alti del Nazareno — cambiano».

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