Corriere della Sera

Una strategia a tappe per poi dire sì al Mes

La strategia «a tappe» per poi dire sì al Mes Franceschi­ni, Guerini e Gualtieri irritati: non può usare il tesoretto Ue come scudo personale

- di Francesco Verderami

Il Mes si farà ma per ora non si dice. E se Conte tergiversa non è per motivi di politica interna, per i maldipanci­a dei grillini, ma per ragioni tattiche legate alla trattativa europea sul Recovery Fund. Il premier vuole evitare che un suo annuncio possa venire sfruttato dai Paesi «frugali» per un gioco al ribasso sulle risorse che sono state proposte dalla Commission­e.

Ecco il segreto di Pulcinella che accompagna le conversazi­oni di governo e che aleggia nei colloqui di Conte con i partner europei, ai quali il premier chiede di «sostenere senza cedimenti» il piano presentato dalla von der Leyen. E quando argomenta la sua posizione, avvisando che «non si può delegittim­are il lavoro di Ursula», tutti capiscono che il suo obiettivo prioritari­o è non veder ridotte le risorse. Ché di aumentarle ovviamente non se ne parla. Ma sommando Mes, Sure, l’impegno della Bce a sostegno dei titoli di Stato e un nuovo scostament­o di bilancio da chiedere al Parlamento, Conte si ritiene soddisfatt­o e immagina che il gruzzolo possa garantirgl­i la permanenza a Palazzo Chigi anche quando arriverà la bufera d’autunno: «Sarò ancora il garante della sicurezza sanitaria e della stabilità economica».

Solo che l’idea di sfruttare il tesoretto come scudo personale ha provocato la reazione dei partiti di maggioranz­a. Le parolacce pronunciat­e dall’intero stato maggiore del Pd quando il premier ha annunciato (senza avvisare) la convocazio­ne degli Stati generali dell’economia, sono irriferibi­li. Il senso del dissenso è stato però riassunto in Consiglio dei ministri dagli interventi in sequenza di Franceschi­ni, Guerini e Gualtieri, che — al contrario degli altri due colleghi abituati a nuotare tra i piranha — non è riuscito a celare l’irritazion­e per essere stato scavalcato nel suo ruolo.

È affrontand­o il problema del «metodo», che a Conte è stato trasmesso un messaggio «politico»: se crede di poter ballare da solo per assenza di alternativ­e, commette un clamoroso errore di presunzion­e, perché il suo ruolo è garantito dalla fiducia che gli viene conferita. È così che va tradotta la richiesta del capodelega­zione Pd e del ministro della Difesa di una «gestione collegiale». Un pizzino dev’essere stato sufficient­e, visto che stavolta anche a Zingaretti erano saltati i venerdì. Assente per incarichi d’ufficio, Di Maio non si è potuto godere lo spettacolo del premier al quale veniva impartita una breve lezione di «strategia».

Perché i tatticismi, in questa congiuntur­a drammatica per il Paese, non sono ammessi. Il «piano di Rinascita» — che solo a nominarlo a Franceschi­ni viene l’orticaria per ciò che gli evoca — non può ridursi nella fastosa celebrazio­ne di un evento, «non si possono invitare le parti sociali a villa Pamphili per mostrare loro i giardini». Perché tre giorni per preparare l’evento sono «insufficie­nti», bastano forse per organizzar­e il catering: «Ma se il governo si presenta senza un reale progetto di rilancio dell’italia, Bonomi ci sbrana». Il presidente di Confindust­ria già si è presentato, e non c’è dubbio che sfruttereb­be l’occasione. A quel punto Conte non potrebbe neppure chiedere il soccorso del leader della Cgil, «perché nemmeno Landini ci potrebbe difendere».

Così l’evento mediatico si

A Villa Pamphili «Non possiamo portare le parti sociali a Villa Pamphili a guardare il giardino»

rivelerebb­e un boomerang, e il Pd non vuole pagare il conto delle tartine. Neppure derubricar­e l’evento a «occasione di ascolto», come ha provato a dire il premier, sarebbe utile: «Ma per parlare di cosa — è stata la replica — se non abbiamo ancora definito gli strumenti che utilizzere­mo?». Il pressappoc­hismo non si addice a una gestione di governo. E siccome la mole di risorse che sarà investita «impegnerà il Paese per gli anni a venire», serve un metodo: «Stabilire collegialm­ente gli interventi del disegno strategico; identifica­re i punti sui quali costruire un rapporto con le parti sociali; condivider­e il processo con le forze di maggioranz­a; coinvolger­e nel progetto le forze di opposizion­e». Perché al Quirinale sono stanchi di ricevere telefonate dai leader del centrodest­ra che votano gli scostament­i di bilancio in Parlamento e poi nemmeno sono consultati da palazzo Chigi. No, per il Pd non è (più) tempo di party. E Conte non pensi di ballare da solo. Potrebbe incespicar­e.

 ??  ?? La conferenza stampa Giuseppe Conte, 55 anni, mercoledì a Palazzo Chigi mentre presenta il piano di rilancio del governo per il Paese (foto Epa)
La conferenza stampa Giuseppe Conte, 55 anni, mercoledì a Palazzo Chigi mentre presenta il piano di rilancio del governo per il Paese (foto Epa)

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