Corriere della Sera

Persone, non numeri: storie delle vittime del Covid

- Roberta Scorranese

«Il lunghissim­o elenco delle vittime, quasi 34.000, ci ha ricordato bruscament­e che non è andato tutto bene». Scrive così il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, nel commento che apre un supplement­o particolar­e, in uscita lunedì gratis — in edicola e sulla digital edition — con il quotidiano. Un supplement­o di 24 pagine dal titolo «In memoria», dedicato alle vittime del Covid-19, alle loro storie e alle loro vite. Nessuna delle quali è banale, ricorda Aldo Cazzullo: ci sono il critico d’arte Germano Celant e la farmacista di Brescia Teresa Filippini, madre di due noti calciatori. Ci sono l’architetto Vittorio Gregotti e «Londra 40», come gli amici chiamavano il tassista di Firenze Stefano Martini. Non sarebbe stato possibile raccontare tutte le vite perdute a causa della pandemia e perciò ne abbiamo scelte alcune, 320, dalla Lombardia alla Sicilia. Storie, appunto, non numeri: il pur necessario bollettino quotidiano rischia di trasformar­e questa materia umana in fredda statistica, congelando anche il ricordo. E invece no. Il racconto diventa necessario per non dissolvere la memoria dei quattro fratelli Ravasio che hanno perso la vita a Gazzaniga, nella Bergamasca, e di tutte le famiglie falcidiate. Per non dissolvere la memoria del sacrificio di Doina Bucataru, 61 anni di Cuneo, e di tutti i numerosi operatori sanitari che sono rimasti in prima linea anche nei mesi più duri. Per non dissolvere la memoria di Gaetana Trimarchi, 58 anni di Pozza di Fassa (Trento): a marzo avrebbe finalmente realizzato il sogno di diventare medico di base se il virus non le avesse chiesto un prezzo altissimo. Per non dissolvere la memoria del lucchese Luigi Roni, che amava il canto e ne aveva fatto una profession­e, e quella del palermitan­o Giuseppe La Torre, che non viveva senza la sua moto. In questa raccolta di vite ci sono sacerdoti, rappresent­anti delle forze dell’ordine, anziani fragili e giovani nel pieno delle forze. Ci sono tutti e ci siamo tutti, come scrive Paolo Giordano, nell’articolo che chiude l’inserto: «Siamo stati tutti su una barca in tempesta, sciolti in un destino comune. È arrivato il momento di rivendicar­e ognuno la propria singolarit­à». Il momento di dare un nome e una foto ai numeri.

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La copertina Il supplement­o In memoria

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