UNA VIA PER VITTORIO VALLETTA E UN’IDENTITÀ PER TORINO
Caro Aldo, anche su Vittorio Valletta ha scritto cose corrette, ma a mio avviso, nei cenni sulla sua attività ha ignorato un fatto che molti torinesi illuminati (alcuni liberali del centro Einaudi anni 70) hanno patito e di cui si vergognano: Valletta ha ispirato, si dice in modo determinante, la lettera del presidente di Confindustria che esortava i suoi associati a non acquistare prodotti Olivetti. È una lettera vergognosa che di certo ha cambiato in peggio l’economia Italiana. E di questa ignobile azione Valletta è stato colpevole, scientemente colpevole. I torinesi si sentono offesi da questa violenza grave e preferiscono dimenticare Valletta, che ne è stato il primo responsabile. Non vuole essere una critica ma un’osservazione di un torinese tipico .
La sua proposta non è condivisibile. Se non si può negare la capacità di Vittorio Valletta nel far ripartire lo sviluppo della Fiat (grazie anche ai finanziamenti americani nel primo dopoguerra) non si può passare sopra la sua posizione antisindacale, soprattutto nei confronti della Fiom, i reparti confino in cui venivano segregati i militanti sindacali, gli innumerevoli licenziamenti di rappresaglia. Gli operai torinesi per Valletta erano talmente «ottimi, magnifici e bravi» che venivano schedati in collaborazione tra Fiat e Questura e di conseguenza discriminati. Non si può dimenticare anche il collaborazionismo attivo con il regime fascista. Ma aggiungo anche il ruolo fondamentale e negativo di Valletta nella soppressione, perché di questo si tratta, dell’olivetti non solo come industria per favorire la General Electric (c’era una cambiale da restituire?) ma anche come moderna visione di un rapporto più equilibrato tra industria e operai e territorio.
R Cari lettori, ingrazio tutti coloro che mi hanno scritto per commentare la proposta, pubblicata sul Corriere di Torino, di dedicare una via a Vittorio Valletta. Non mi aspettavo una reazione del genere. Mi attendevo invece il silenzio della sindaca. Purtroppo Torino — mai stata così bella — è una citta che non sa più chi è. In questi anni ha assistito senza reagire al massacro pubblico di tutto quello che i grandi piemontesi hanno fatto nella storia. Il Risorgimento non è di moda; lo sono di più i briganti. La Resistenza, neppure; si parla più volentieri dei «ragazzi di Salò». La storia della Fiat viene rappresentata come quella di un carrozzone assistito dallo Stato, anziché come l’avanguardia della cultura tecnologica e industriale italiana, grazie al lavoro di centinaia di migliaia di tecnici e operai e a figure oggi denigrate o dimenticate: appunto come Vittorio Valletta. Compresi i punti controversi della sua storia, come lo scontro — inevitabile — con il sindacato comunista.
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