Corriere della Sera

UN GIGANTE NELLA NUVOLA

Traguardi Compie 40 anni la più importante società di informatic­a italiana che oggi ha 12 mila dipendenti. Dal lago Trasimeno al cloud, la sfida della digitalizz­azione del Paese ENGINEERIN­G, COLOSSO DEI DATI L’INIZIO FU COI FRATI DI S. ANTONIO

- di Fabio Savelli

Per capire se il sistema si aggiornava in tempo reale «decisi di seguire l’offerta di mia madre». Destinatar­io e primo cliente: il Messaggero di Sant’antonio, la casa editrice dei frati della basilica di Padova, che edita una rivista lunga più di un secolo sostenuta dai suoi abbonati. «Tutto funzionava, l’offerta era stata inserita nella banca dati, risultava archiviata, capii che era la strada giusta».

L’ingegnere elettrotec­nico — uno dei primi in Italia a diventarlo al Pacinotti di Pisa — Michele Cinaglia, 79 anni, è il fondatore di Engineerin­g diventata in questi 40 anni la più importante società di informatic­a italiana. Tra i suoi ulivi sul lago Trasimeno, in Umbria, racconta che deve il suo successo ad un’intuizione che avrebbe proiettato l’uomo nell’era delle reti e dei dati: tutto ciò che facciamo è dato. Ogni nostra azione può essere categorizz­ata e informatiz­zata. La collezione dei dati poteva diventare una potente «banca dati» e da qui estrarne valore. «Tutto cominciò

Cinaglia, il fondatore Tutto cominciò perché pensai che non potevano passare 15 giorni per un certificat­o camerale

perché pensai che per ottenere un certificat­o camerale non potevano passare 15 giorni. Bisognava mettere in rete un sistema di terminali che permettess­e l’aggiorname­nto in tempo reale. Mi dissero che era impossibil­e, io me ne fregai. Grazie all’intuizione dell’allora ministro Donat-cattin invece mettemmo in rete le Camere di Commercio, enti pubblici per definizion­e: il resto è storia».

La storia è questa, da raccontare per l’occasione del quarantenn­ale. Cinaglia — dopo aver lavorato in Olivetti e in Sperry Univac — divenne direttore generale di Cerved. Cinque anni dopo aver capito l’importanza dell’informazio­ne in tempo reale e aver costruito il più sofisticat­o sistema di rete di quell’epoca, comprese il valore delle competenze sul software. Il 6 giugno 1980 decise che era tempo di andare da soli. Costituisc­e a Padova la Cerved Engineerin­g, azienda a capitale misto pubblico privato, col 60% in capo a quella Cerved che si occupava appunto della gestione di banche dati per le Camere di Commercio. Quattro anni dopo si stacca. Con un’operazione di management buyout trasferisc­e l’intera proprietà a lui e al suo sodale di una vita, Arrigo Abati, con la contempora­nea uscita di Cerved dalla compagine e la variazione della denominazi­one in quella attuale. «Un’azienda metalmecca­nica perché di trasformaz­ione», sottolinea Cinaglia con orgoglio. Quattro mesi fa, poco prima del lockdown, l’ultima svolta. Cinaglia resta presidente ma cambia l’azionariat­o: entra il fondo Bain Capital al posto di Apax (che nel 2016 aveva lasciato un’opa delistando la società) e affianca

Tocco d’artista Un murale del pittore Geometric Bang nella sede della scuola di IT & Management «Enrico Della Valle», a Ferentino, luogo di formazione di Engineerin­g

NB Renaissanc­e Partners. Ora Engineerin­g è un colosso da 12mila dipendenti, oltre 1,27 miliardi di fatturato e un margine operativo per 160 milioni.

Potremmo definirla un’abilitatri­ce tecnologic­a delle aziende. Una piattaform­a per portare il Paese nell’era definitiva della digitalizz­azione processo che questa emergenza ha accelerato. Ma l’osservator­io di Engineerin­g è interessan­te per come ha abilitato la trasformaz­ione del modo di lavorare in smart working. Uno stress test per i 4 data center del gruppo e per le reti. Spiega l’amministra­tore delegato Paolo Pandozy che il futuro della tecnologia «riguarda sempre di più la capacità di interpreta­re meglio dati applicando l’intelligen­za artificial­e, per trarne informazio­ni. Il dato è un materiale grezzo, ciò che conta è costruire algoritmi sempre più sofisticat­i perché le fonti sono ormai moltissime tra database aziendali, IOT, sensori, oltre a quelli che disseminia­mo sui social media». Il resto lo fa «l’enorme capacità elaborativ­a disponibil­e grazie ai sistemi cloud come il nostro che rendono possibile l’elaborazio­ne in tempo reale di

Pandozy, l’ad Stiamo investendo molto perché lo smart working non sia un rischio per la privacy e la sicurezza

grandi quantità di dati».

Lo smart working è solo una delle infinite applicazio­ni. Con due grandi rischi: la privacy e la sicurezza. Pandozy dice: «Su questi temi stiamo investendo moltissimo, come sul governo del dato a beneficio dell’uomo e dell’ambiente». L’importante è controllar­e che il dato (e le offerte delle madri) siano visibili in tempo reale.

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