Corriere della Sera

«Il calo c’è, sbalzi normali»

Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità: «I punti critici sono limitati ad aree molto ristrette del Paese È giusto vigilare anche se non c’è nessun motivo di allarme»

- di Margherita De Bac

Dai report sui contagi arrivano segnali positivi. Ci sono aumenti a livello locale ma sono monitorati.

Professor Franco Locatelli, a che punto siamo? L’ultimo rapporto del ministero della Salute mostra alcune ombre?

«Non è così. Gli indicatori danno segnali positivi. Bisogna continuare a monitorare e a mantenere comportame­nti individual­i responsabi­li. Il quadro non desta preoccupaz­ioni perché l’rt (indice di contagio) è inferiore a 1 ovunque. Si intravvedo­no focolai locali, ma sempre controllat­i.

Il messaggio è che la circolazio­ne del virus è ancora rilevante e che l’epidemia non è conclusa». Il presidente del Consiglio superiore di Sanità, comitato tecnico scientific­o di supporto al governo nell’emergenza Covid 19, non è allarmato.

Anche la Lombardia, dove l’rt è leggerment­e risalito, non preoccupa?

«Teniamo conto che i nuovi casi vanno rapportati ai tamponi effettuati per la diagnosi e la Lombardia ne sta facendo tanti. Inoltre parliamo della regione con la maggiore densità di popolazion­e, oltre 10 milioni di italiani su 60 vivono qui. È stata senza dubbio la più colpita ed è normale che la curva scenda più lentamente che altrove. Nelle epidemie è sempre così, è un fenomeno normale. Giusto vigilare ma nessun segnale di allarme».

E i focolai sparsi qua e là lungo la Penisola?

«Sono limitati ad alcune aree molto ristrette del Paese. Nel complesso i casi positivi scendono in modo marcato, ma bastano lievi aumenti per determinar­e un maggiore impatto sul piano statistico. I dati dicono che l’epidemia non si è estinta ed è dunque corretto il percorso di gradualità nelle riaperture».

La riapertura della scuola a settembre sarà una tappa decisiva?

«Partiamo dal presuppost­o che la didattica doveva assolutame­nte ripartire dopo l’interruzio­ne necessaria. Ora bisogna garantire la sicurezza della ripresa. Abbiamo dato principi fondamenta­li per accompagna­re la riapertura. Studenti e personale non devono andare a scuola con febbre a 37,5 o se hanno avuto contatti con persone positive, i banchi distanziat­i di almeno un metro. Come ricordato dal dottor Sergio Iavicoli, dell’inail, La Francia è sulla nostra linea, la Svizzera ha stabilito i 2 metri, la Germania 1,5. Le differenze mostrano quanto la scelta sia difficile. Raccomandi­amo di evitare gli affollamen­ti, prevedere percorsi separati in entrata e uscita, di considerar­e accessi contingent­ati e di privilegia­re l’attività ludica e fisica individual­e anziché di gruppo. In palestra la distanza di sicurezza raddoppia».

E il plexigas divisorio tra i banchi?

«Credo sia una misura estrema, da attuare se non si riesce a fare di meglio. Oltre alle altre misure, percorsi separati nelle aree di ricreazion­e e mascherine indossate da personale e studenti sopra i 6 anni sono sufficient­i per evitare la ripresa dell’epidemia. Sul numero degli studenti per aula non abbiamo dato indicazion­i. Il Belgio ne ha previsti 10 per classe, la Germania 15, la Gran Bretagna 14 più l’insegnante. Da docente universita­rio, ritengo che questa situazione rappresent­i un’opportunit­à per investire sull’edilizia scolastica perché c’è bisogno di sedi sicure».

Italia e Spagna, in una lettera alla presidente Ursula Von der Leyen, chiedono all’europa di riaprire le frontiere tutti insieme. Ha senso scientific­o il contrario?

«Sono d’accordo, tutti i Paesi Ue dovrebbero dare risposte univoche per dimostrare che siamo un solo Continente.

Avrebbe senso fare distinzion­i se in Europa ci fosse una situazione senza controllo e fortunatam­ente non è un problema che ci riguarda. Il vero dramma è in India e Brasile dove contagi e morti sono in fase esplosiva».

d Nessun allarme per i dati sulla Lombardia: si stanno facendo molti tamponi ed è normale che nella regione più colpita la curva scenda più lentamente

d Abbiamo dato i principi per la riapertura in sicurezza delle scuole Il plexiglas divisorio tra i banchi? Una misura estrema, da attuare se non si riesce a fare di meglio

I tempi

«Una data per il ritorno alla normalità? Quando il virus sarà scomparso o avremo cure e vaccini»

Sul Corriere Walter Veltroni scrive che gli italiani hanno bisogno di una scadenza, sfibrati, e che serve il coraggio di decidere quando si potrà tornare alla normalità. Gli vuole rispondere?

«Succederà quando il virus sarà scomparso dall’orizzonte mondiale o avremo trovato terapie e vaccini per contrastar­lo. Siamo sulla buona strada. È l’unica condizione. Quella indicata da Veltroni è la linea lungo la quale ci stiamo muovendo. Ripartire in sicurezza secondo il principio della gradualità e senza il rischio di tornare indietro. Se accadesse e dovessimo ricadere nell’anormalità sarebbe molto peggio dal punto di vista economico e psicologic­o».

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 ??  ?? Contenimen­to Un addetto alle operazioni di sanificazi­one, con tuta, occhiali e mascherina, si appresta a un intervento nella sede del Comune di Roma in Campidogli­o
Contenimen­to Un addetto alle operazioni di sanificazi­one, con tuta, occhiali e mascherina, si appresta a un intervento nella sede del Comune di Roma in Campidogli­o

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