Corriere della Sera

«Il virus cala in Lombardia Certi dati non torneranno L’epidemia ora è economica»

Il vicepresid­ente della Regione Sala: qui si è fatto scuola

- di Giampiero Rossi

«Il contagio è in calo. E io azzardo anche una previsione: ciò che è accaduto qui in Lombardia nei mesi scorsi difficilme­nte si ripeterà». Il vicepresid­ente della Regione Fabrizio Sala si sbilancia nel tratteggia­re un futuro meno drammatico ma invita ancora alla cautela per il presente. Sia quella che «deve diventare un istinto, un riflesso condiziona­to di tutti cittadini» sia quella relativa al modo di «leggere i dati sul contagio».

Partiamo da questo: cosa ci dicono i dati relativi alla Lombardia?

«L’indice Rt è inferiore a 1 e ci dice che il contagio nel nostro territorio sta calando. È un indicatore molto importante, ma non è l’unico. Bisogio, gna anche considerar­e i ricoveri in terapia intensiva, i decessi, le condizioni dei pazienti. E anche questi dati sono incoraggia­nti da diversi giorni».

Tuttavia siamo di fronte a continue oscillazio­ni nei numeri sul contagio.

«I nostri dati sono quelli che passano dall’istituto superiore di sanità. E poi in Lombardia si continua a lavorare senza sosta per affrontare questa emergenza. Ripeto: senza sosta. E questo vale anche per la rilevazion­e dei dati epidemiolo­gici, quindi dai laboratori arrivano responsi ai tamponi senza soluzione di continuità e questo genera qualche oscillazio­ne quotidiana. Ma sono numeri che vanno letti con uno sguardo temporale più ampio della singola giornata, è importante la tendenza».

Allora possiamo stare tranquilli?

«Intendiamo­ci: il virus c’è ancora, c’è in tutto il mondo. La Lombardia è una delle zone più controllat­e, proprio perché tra le più colpite. Quindi non si deve stare tranquilli perché dobbiamo ancora difenderci dal rischio di conta

ma io credo che non torneremo più alla situazione di marzo».

Il futuro

«Non si deve stare tranquilli, ma credo che la situazione di marzo non si ripeterà»

d Con tutti gli errori che possiamo aver commesso e che scopriremo soltanto più avanti, ci siamo trovati di fronte a qualcosa di nuovo

Perché?

«Per molti motivi. Il virus, con ogni probabilit­à, circolava già da dicembre, ma non lo sapevamo e la vita continuava, non c’era alcuna precauzion­e e per giunta in un periodo freddo, quando ci sono i picchi di influenza e si tende a stare al chiuso. Adesso siamo preparati, lo conosciamo, abbiamo imparato a difenderci , stiamo di più all’aperto».

Quindi si va avanti con il programma di riaperture?

«Sì, certo, andiamo avanti perché dobbiamo occuparci anche dell’altra epidemia, quella economica. Ma in un mondo che si divide persino di fronte al virus, dove le istituzion­i internazio­nali si confermano deboli, la Lombardia può contare su una solida risposta anche in termini di controlli. Sebbene voglio ricordarlo, sia impensabil­e di monitorare continuame­nte dieci milioni di persone».

Anche lei difende il «modello lombardo»?

«Dall’estero stanno contattand­o le nostre strutture per chiedere quali siano i nostri protocolli, essendo stati anche i primi a essere colpiti in questa parte di mondo abbiamo fatto scuola. Con tutti gli errori che possiamo aver commesso e che, comunque, scopriremo soltanto più avanti. Perché ci siamo trovati di fronte a qualcosa di nuovo, nei numeri e nella sua stessa natura. Basti pensare che la scienza non ci ha ancora detto molte cose su questo virus: per esempio, quanto tempo sopravvive sugli oggetti?».

Che effetto le fanno gli assembrame­nti in città?

«Penso che il virus ci sia ancora e che per ogni singolo cittadino la sola percezione di un assembrame­nto di persone dovrebbe far scattare un allarme e una reazione istintiva».

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