«Il virus cala in Lombardia Certi dati non torneranno L’epidemia ora è economica»
Il vicepresidente della Regione Sala: qui si è fatto scuola
«Il contagio è in calo. E io azzardo anche una previsione: ciò che è accaduto qui in Lombardia nei mesi scorsi difficilmente si ripeterà». Il vicepresidente della Regione Fabrizio Sala si sbilancia nel tratteggiare un futuro meno drammatico ma invita ancora alla cautela per il presente. Sia quella che «deve diventare un istinto, un riflesso condizionato di tutti cittadini» sia quella relativa al modo di «leggere i dati sul contagio».
Partiamo da questo: cosa ci dicono i dati relativi alla Lombardia?
«L’indice Rt è inferiore a 1 e ci dice che il contagio nel nostro territorio sta calando. È un indicatore molto importante, ma non è l’unico. Bisogio, gna anche considerare i ricoveri in terapia intensiva, i decessi, le condizioni dei pazienti. E anche questi dati sono incoraggianti da diversi giorni».
Tuttavia siamo di fronte a continue oscillazioni nei numeri sul contagio.
«I nostri dati sono quelli che passano dall’istituto superiore di sanità. E poi in Lombardia si continua a lavorare senza sosta per affrontare questa emergenza. Ripeto: senza sosta. E questo vale anche per la rilevazione dei dati epidemiologici, quindi dai laboratori arrivano responsi ai tamponi senza soluzione di continuità e questo genera qualche oscillazione quotidiana. Ma sono numeri che vanno letti con uno sguardo temporale più ampio della singola giornata, è importante la tendenza».
Allora possiamo stare tranquilli?
«Intendiamoci: il virus c’è ancora, c’è in tutto il mondo. La Lombardia è una delle zone più controllate, proprio perché tra le più colpite. Quindi non si deve stare tranquilli perché dobbiamo ancora difenderci dal rischio di conta
ma io credo che non torneremo più alla situazione di marzo».
Il futuro
«Non si deve stare tranquilli, ma credo che la situazione di marzo non si ripeterà»
d Con tutti gli errori che possiamo aver commesso e che scopriremo soltanto più avanti, ci siamo trovati di fronte a qualcosa di nuovo
Perché?
«Per molti motivi. Il virus, con ogni probabilità, circolava già da dicembre, ma non lo sapevamo e la vita continuava, non c’era alcuna precauzione e per giunta in un periodo freddo, quando ci sono i picchi di influenza e si tende a stare al chiuso. Adesso siamo preparati, lo conosciamo, abbiamo imparato a difenderci , stiamo di più all’aperto».
Quindi si va avanti con il programma di riaperture?
«Sì, certo, andiamo avanti perché dobbiamo occuparci anche dell’altra epidemia, quella economica. Ma in un mondo che si divide persino di fronte al virus, dove le istituzioni internazionali si confermano deboli, la Lombardia può contare su una solida risposta anche in termini di controlli. Sebbene voglio ricordarlo, sia impensabile di monitorare continuamente dieci milioni di persone».
Anche lei difende il «modello lombardo»?
«Dall’estero stanno contattando le nostre strutture per chiedere quali siano i nostri protocolli, essendo stati anche i primi a essere colpiti in questa parte di mondo abbiamo fatto scuola. Con tutti gli errori che possiamo aver commesso e che, comunque, scopriremo soltanto più avanti. Perché ci siamo trovati di fronte a qualcosa di nuovo, nei numeri e nella sua stessa natura. Basti pensare che la scienza non ci ha ancora detto molte cose su questo virus: per esempio, quanto tempo sopravvive sugli oggetti?».
Che effetto le fanno gli assembramenti in città?
«Penso che il virus ci sia ancora e che per ogni singolo cittadino la sola percezione di un assembramento di persone dovrebbe far scattare un allarme e una reazione istintiva».