Corriere della Sera

IL PREMIER

- Di Massimo Franco

Come va l’accerchiam­ento? «Quale?». Il suo, presidente. «Non credo. Non mi pare di essere accerchiat­o più di quanto lo fossi nella prima fase. In tutti questi mesi ho sentito dire in continuazi­one: Conte cade, Conte cade. Fa parte del gioco, ho imparato a non meraviglia­rmi. Ma come si vede e si vedrà, non è così». Giuseppe Conte tradisce la soddisfazi­one tipica dei sopravviss­uti. Le ultime ore hanno consegnato l’immagine di un presidente del Consiglio contestato dalla propria maggioranz­a, quasi alle corde. Criticato soprattutt­o per il modo estemporan­eo col quale avrebbe impostato e imposto l’idea degli Stati generali dell’economia: un titolo pomposo per dare corpo alla fase due o tre, circondato da una coltre di scetticism­o e di malcelata irritazion­e per il protagonis­mo attribuito al premier. Ma la fase che dovrà definire le capacità del governo e della sua maggioranz­a di far ripartire l’italia dopo l’emergenza da Coronaviru­s è comunque iniziata. E Conte sostiene di lavorarci da tempo.

A fine giornata, parlando al telefono dalla sua auto, sembra più tranquillo. Un filo di

Sono anni che è all’ultimo giro e da anni questo giro non finisce mai. Così doveva succedere che il fondatore del centrodest­ra arrivasse a dire «mi trattano meglio quelli di sinistra». E con «quelli di sinistra» Berlusconi parla ormai frequentem­ente e direttamen­te, a volte senza nemmeno il filtro di Gianni Letta. Con Zingaretti e Franceschi­ni discute questioni di governo e di legge elettorale. Con Speranza ha stabilito un rapporto nei giorni più drammatici della pandemia, e ha avuto verso di lui parole di conforto quando ha saputo che il ministro della Salute stava accusando il contraccol­po dello stress: «Non attaccatel­o — ha detto ai dirigenti di Forza Italia — perché è una persona seria e ha una buona scuola politica». Siano «comunisti» o «grillini» per il Cavaliere poco cambia, visto che ha legato anche con il ministro dello Sport, Spadafora, durante la vertenza sul calcio.

Lui chiama «quelli» e «quelli» chiamano lui. Così dall’esilio sanitario vive lusingato questa ritrovata centralità. E sebbene pensi davvero di poter aspirare al Colle, non ha smarrito la ragione dinnanzi alle effusioni dei rivali. Come ha sempre fatto, continua a tenere il piede in tante staffe, applicando la doppiezza togliattia­na in una versione più aggiornata. Anche perché, se l’impero politico è perduto resta

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