Corriere della Sera

«Io non mi sento accerchiat­o Ma ora c’è l’urgenza di agire»

Conte: la realtà preme, non è un mio capriccio In tutti questi mesi hanno detto che sarei caduto, ho imparato a non meraviglia­rmi più

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inquietudi­ne, tuttavia, deve averlo attraversa­to quando l’altroieri ha registrato le reazioni di alcuni suoi ministri. Quello scambio a muso duro a Palazzo Chigi rimane sullo sfondo come testimonia­nza di un rapporto soggetto ad alto e bassi che riflette quelli tra le forze della coalizione: in particolar­e tra M5S e Pd, divisi sull’europa soprattutt­o. «La verità è che quando si arriva alla sostanza delle cose, asciugando­le dalle polemiche, ci si rende conto che questa maggioranz­a è composta da partiti responsabi­li, che capiscono bene quali siano le priorità del Paese. Il clima è migliore di quello che sembra. E anche alcune perplessit­à del Pd sono rientrate». Inutile tentare di fare ammettere a Conte che la sua iniziativa sulla ripresa economica ha spiazzato e irritato gli alleati; che la tensione non è ancora smaltita del tutto; e che magari per qualcuno sarebbe meglio rinviarla.

Il premier glissa anche sulle voci i secondo le quali il ministro dell’economia, Roberto Gualtiero si sarebbe sentito scavalcato, restandoci male. «Guardi, come premier non scavalco nessuno», replica Conte. «E Gualtieri ha sempre condiviso tutto con me e insieme a me». Dunque, Conte, è convinto che vada fatta, e presto. Di più: sostiene di averla in testa da tempo, dai giorni in cui in Italia «contavamo ogni giorno il numero dei contagi e dei morti, angosciati». Si definisce una persona «che non riesce a lavorare senza una strategia. E quella sulla fase del dopovirus avevo cominciato a prepararla già durante l’emergenza». Il problema, però, non è tanto quando farla, ma arrivarci con progetti e decisioni già preparati o comunque abbozzati, da proporre alle parti sociali. E su questo, sul livello di preparazio­ne del governo, sulla fretta di Conte di appropriar­si della fase due per spezzare l’eterno accerchiam­ento, nelle ultime ore si è sfiorato il cortocircu­ito politico nella coalizione.

«Lo so quello che si dice», risponde. «Ma non possiamo ritardare il confronto con imprendito­ri, sindacati, categorie. L’urgenza non nasce da un mio capriccio ma dalla realtà che preme. Bisogna muoversi da subito. Sento dire che occorre farlo con calma. Ma quale calma? Ci prendiamo qualche giorno per coinvolger­e appieno le forze di maggioranz­a, e lo facciamo. Poi chiamiamol­o patto, chiamiamol­o confronto. Ma non va rimandato». Sa di avere il vantaggio che non si vedono alternativ­e. Confida nell’appoggio di un Quirinale che teme strappi in settimane cruciali anche nei rapporti con l’europa. Vede che l’opposizion­e, almeno quella della Lega e di FDI, lo attacca in modo tale da aiutarlo, per paradosso. E qualche settimana fa, quando infuriava la polemica con i vescovi italiani sulle messe vietate, ha trovato un «alleato» insperato in Papa Francesco. «L’ho chiamato senza chiedergli niente. E lui il giorno dopo ha parlato appoggiand­o le misure che avevamo preso per proteggere la salute della popolazion­e». Gliene è grato.

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