Corriere della Sera

Ripresa, pressing sul ministro «Niente alunni nelle scatole»

- Valentina Santarpia

Poco dopo le sette di ieri sera, al termine di una seduta fiume, segnata dall’ostruzioni­smo spinto delle opposizion­i, il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha firmato il decreto sulla Scuola, approvato in via definitiva alla Camera sabato mattina. I voti in Aula, 245 sì e 122 contrari, non sono stati quelli del voto di fiducia incassato dal governo giovedì, 305, e la maggioranz­a ha rischiato che le troppe assenze tra i banchi di Pd, Iv, Leu e M5S, facessero saltare tutto: ma neanche Fi, Lega e Fratelli d’italia hanno registrato il pienone, e così alla fine il provvedime­nto è legge. Per un soffio: perché andava approvato entro domenica.

Si tratta di una legge nata «in piena emergenza», come sottolinea la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina (elogiata dal capo politico del M5s, Vito Crimi: «Ha risposto con il lavoro agli insulti»), e infatti tra i punti cardine contiene la cornice normativa per lo svolgiment­o degli esami ai tempi del Covid. In particolar­e, l’esame delle medie coincide con la valutazion­e finale da parte del Consiglio di classe. Mentre per la Maturità è prevista la sola prova orale in presenza. Tornano i giudizi descrittiv­i alla scuola primaria al posto dei voti in decimi.

I punti

E si danno più poteri ai sindaci per intervenir­e sull’edilizia scolastica. Ma soprattutt­o la nuova legge disciplina le prossime assunzioni, su cui i malumori sono rimasti evidenti fino alla fine: Camila Sgambato, responsabi­le scuola del Pd, si dice soddisfatt­a «che il concorso per la stabilizza­zione di 32 mila docenti precari avvenga senza quiz con crocette, con quesiti a risposta aperta». Ma in realtà l’ex presidente Dem, Matteo Orfini, aveva annunciato il giorno prima il voto contrario: lui da mesi spingeva, insieme a buona parte del partito e a Leu, per una stabilizza­zione per titoli. La mediazione, avallata dal premier

Giuseppe Conte, alla fine è passata, e il concorso sarà bandito solo il prossimo anno. Il leghista Matteo Salvini, parla di «ministro disastroso» mentre Giorgia Meloni (FDI) definisce quelle della ministra «idee strampalat­e», temendo che si passi dalle classi pollaio alle classi «acquario». Il riferiment­o è a una delle ultime ipotesi avanzate dalla ministra per la riapertura a settembre, il tema che preoccupa presidi, famiglie, sindacati. Azzolina promette: «Ora definiamo le linee guida, per riportare gli studenti a scuola, in presenza e in sicurezza». Ma i dubbi arrivano da più fronti. Antonello Giannelli, associazio­ne presidi, ammette: «Non ce li vedo i nostri bambini chiusi nelle scatole». Il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, è preoccupat­o per i tempi: «Assolutame­nte entro giugno dobbiamo avere le linee guida per la scuola, non alla fine». E sulla riapertura pesa anche il nodo elezioni: «Insieme agli altri presidenti — spiega Bonaccini — abbiamo chiesto che si voti entro la metà di settembre: il rischio è di riprendere la scuola in ottobre».

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