Il fronte del Porto con il manager cacciato dall’anac
Trieste, via dopo 4 anni per incompatibilità La città insorge. E lui: «Nessun privilegio»
«Vado a calmare gli animi». Zeno D’agostino è in auto, con la moglie e i due figli piccoli. Sta per arrivare al porto di Trieste, dove i lavoratori sono in presidio a oltranza, da quando si è saputo che l’anac, l’autorità anticorruzione, lo ha dichiarato decaduto dal suo incarico di presidente dell’autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale. «La delusione è tanta — dice al telefono —. E anche la preoccupazione per il futuro, per la mia famiglia. Ma vedo la reazione della gente e questo mi rende felice, perché capisce cosa sta succedendo».
Delusione
Sono deluso, ma la reazione della gente mi rende felice: capisce che cosa sta succedendo
D’agostino era presidente dell’autorità portuale di Trieste dal novembre del 2016, ma già un anno e mezzo prima ne era stato nominato commissario. Lo scorso novembre la Guardia di Finanza ha mandato una segnalazione all’anac, che dopo quattro mesi ha deliberato a marzo (con notifica il 4 giugno a causa del Covid) che quell’incarico di presidente era «inconferibile», perché D’agostino era già alla guida della società Trieste terminal passeggeri (di cui l’autorità portuale detiene il 40%). Secondo la legge Severino, non si può passare da una società controllata a quella che la controlla. «Giusto — ribatte lui — ma il mio incarico alla Ttp era senza deleghe esecutive e senza alcun compenso. Quelle norme non riguardano il mio caso».
L’anac, dal canto suo, investita dall’impatto mediatico della decisione (non solo i lavoratori si sono schierati con il manager, ma anche il ministero, il sindaco di Trieste e persino il vescovo della città), ha puntualizzato che già nel 2018 il Consiglio di Stato ha stabilito che anche in caso di incarichi di rappresentanza la nomina non è valida. Si profila insomma una battaglia legale, con l’ex presidente che ha annunciato ricorso al Tar.
Nonostante la rapida istruttoria dell’anac, il risultato è che viene azzerata una gestione dopo ben 4 anni dal suo avvio (e a uno dalla sua scadenza naturale). D’agostino però è il primo a rifiutare il facile ricorso all’alibi della burocrazia. «In questo caso sarebbe sbagliato spostare l’attenzione sulla semplificazione delle norme. La legge è chiara, sono le persone che sbagliano. Le regole vogliono evitare potenziali conflitti d’interesse, eventuali privilegi. Ma ripeto, io non rientro in questa fattispecie, ero già commissario del Porto, quale privilegio avrei potuto avere?».
L’altro paradosso è che in quattro anni, abusivo o meno, D’agostino è stato a detta di tutti un ottimo amministratore. Negli ultimi cinque anni il Porto di Trieste è cresciuto costantemente, primo in Italia per tonnellaggio complessivo (61,9 milioni nel 2019) e traffico ferroviario (9.771 treni movimentanti l’anno scorso, rispetto ai 5.980 del 2015). D’agostino, 52 anni, che ha
Confitto d’interesse Nella «Trieste terminal passeggeri» non avevo ruoli esecutivi e alcun compenso
anche insegnato economia e trasporti alla Ca’ Foscari, ha avuto il raro privilegio di poter verificare sul campo le sue idee. «La prima: il porto da solo non è nulla, va considerato un sistema connesso con il contesto, le zone industriali, le piattaforme logistiche. La seconda, più dirompente: una visione dell’amministrazione pubblica dinamica, vero motore dello sviluppo. In questi anni abbiamo internalizzato, ridimensionato il ricorso agli esterni, assunto e ridotto il precariato. E puntato sul fattore umano».
Forse anche per questo i lavoratori hanno reagito d’impulso occupando le banchine. Intanto D’agostino è arrivato. Afferra il megafono: «Il Porto non si può fermare. Dopo la tristezza e l’indignazione, bisogna cominciare a spostare l’attenzione dal cuore e dalla pancia, e iniziare a usare la testa». Alle 7 di ieri sera i portuali hanno ripreso a lavorare. Ma l’agitazione continua.