LA NOSTRA VITA IBERNATA E L’ECONOMIA DA RICOSTRUIRE
Caro Aldo, non sono un economista e per questa ragione in questi giorni mi è sorta una domanda alla quale non so dare una risposta. È possibile che siano bastati solamente tre mesi di fermo parziale (molte industrie sono rimaste infatti in attività) per dare origine a un simile crollo del Pil, a una voragine di debiti, allo sfascio di moltissime attività commerciali e a migliaia e migliaia di disoccupati? Non è che si viveva alla giornata, ovvero ben al di sopra delle nostre possibilità finanziarie, illudendoci di essere un po’ tutti ricchi? La seconda guerra mondiale, alla quale impropriamente viene paragonata questa pandemia, durò ben cinque anni.
Caro Alfredo,
Lei pone una questione molto giusta. Ci sono attività che sono rimaste ferme a lungo, e quindi hanno perso fatturato. Ma un sistema economico sano non crolla in questo modo per due mesi di lockdown. Per troppo tempo una parte troppo vasta del Paese ha pensato di poter vivere di rendita, o quasi. I centri storici delle nostre città, a cominciare da quello di Roma, sono diventati il regno di Airbnb, dei bed&breakfast, degli affittacamere, magari in nero. L’economia di una capitale può basarsi soltanto su questo, oltre che sul denaro pubblico? Un tempo il vero motore di Roma era l’edilizia. Si costruiva molto, forse troppo, senza rispettare le regole. Oggi l’edilizia è in crisi perché si costruisce poco e anche i lavori di manutenzione languono. Le strade sono traforate di buche. Le periferie sprofondano nel degrado. Anche le scuole avrebbero bisogno di restauri.
Il discorso non vale solo per Roma. Non è possibile che Milano sia allagata a ogni pioggia. Che andare in treno in Sicilia sia diventato praticamente impossibile. Che Trieste sia ancora in un angolo. L’italia ha bisogno di grandi investimenti pubblici e privati; e non soltanto nei settori del green e del digitale, che sono certo strategici, ma non potranno assorbire tutti i miliardi in arrivo dall’europa. Una quota dovrà essere destinata anche alle infrastrutture, oltre che al risarcimento dei danni subiti.
In questi giorni le nostre città sono strane. La nostra vita somiglia a un cibo surgelato appena tolto dal congelatore, ancora rigido, ma in procinto di sciogliersi e tornare commestibile. Alcuni processi che erano già iniziati prima della pandemia proseguiranno, dall’espansione dell’e-commerce a quella dello smart working. Però alcune buone vecchie abitudini dovranno pur ricominciare: ad esempio i viaggi. O pensiamo davvero di vivere solo online e di comunicare solo via Skype? Ma per ripartire servono certezze. E serve recuperare un dinamismo, un’energia che da qualche parte dentro noi stessi dovremo ritrovare.