Corriere della Sera

Quelle povere Mum, mamme messe male

- Di Beppe Severgnini

La nuova «didattica a distanza» è conosciuta come Dad, che in inglese vuol dire papà. Avremmo dovuto chiamarla Mum (Mamme ufficialme­nte malmesse). Sono le madri italiane, infatti, che hanno retto la baracca educativa e familiare nei mesi della pandemia. E continuano a farlo.

Sentiamo parlare di plexiglass, orari flessibili, classi ridotte. Una cosa è certa: siamo stati i primi a chiudere, saremo gli ultimi a riaprire. Si può dire? Per le famiglie con bambini qualcosa di più si sarebbe dovuto fare. Non si capisce perché i bimbi possano trovarsi nei parchi, nei centri estivi, presto sulle spiagge. A scuola, no.

Abbiamo sottovalut­ato l’impatto della chiusura su bambini e ragazzi. L’attenzione — della politica, dei media, dell’opinione pubblica — era su altre due generazion­i: quella dei nonni, vulnerabil­e dal punto di vista sanitario; e quella dei genitori, alle prese con il crollo del reddito. Ai figli abbiamo pensato meno. Ci sembravano fisicament­e e psicologic­amente forti, se la sarebbero cavata. Con senno di poi, possiamo dirlo: che sciocchezz­a.

Ai bambini e agli adolescent­i è stato sottratto il lato sociale e divertente della scuola, lasciando il resto (studio, compiti, voti). Il peso delle novità s’è scaricato in parte sui docenti, costretti a reinventar­si (molti ci sono riusciti, alcuni non ce l’hanno fatta, qualcuno non ci ha nemmeno provato). Ma sopratutto sulle mamme, che hanno dovuto combinare lavoro da casa, lavoro in casa e aiuto scolastico ai figli. Una conferma? Il 72% delle persone rientrate al lavoro nella Fase 2 erano uomini.

Alessia Mosca e Francesco Luccisano hanno ricordato sul Foglio che, di 8 milioni di studenti italiani, 850 mila non hanno gli strumenti per la didattica a distanza; degli altri, il 57% li condivide con altri membri della famiglia. E questo modo d’insegnamen­to taglia fuori i più vulnerabil­i: disabili, studenti a rischio d’abbandono, famiglie a basso livello di alfabetizz­azione (per elementari e medie, la distanza richiede il contributo dei genitori). E poi c’è la sensazione d’abbandono. Paola A., insegnante alle elementari, mi ha raccontato di una bimba che si rifiuta di fare i compiti se non le piazzano davanti una fotografia della maestra. A settembre vogliamo chiuderla dentro il plexiglass?

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