Autostrade, l’intesa resta lontana Il rischio della battaglia legale
Senza accordo a fine mese il gestore potrebbe risolvere il contratto e lasciare la rete in stand by
Pochi vincitori, quasi tutti vinti. Qualcuno osserva la vicenda della concessione di Autostrade per l’italia stridere con l’allegato Infrastrutture al Def, in via di approvazione dal Consiglio dei ministri, che mette in campo quasi 200 miliardi. Un corposo documento di 300 pagine, redatto dai tecnici del dicastero guidato da Paola De Micheli, mette nero su bianco una serie di progetti da avviare da qui ai prossimi dieci anni. Per la maggiore rete autostradale il destino è però appeso ad un negoziato che sta finendo su un binario morto. I vincitori, osservano diverse fonti, stanno per diventare gli avvocati amministrativisti ingolositi da parcelle milionarie per quello che si preannuncia come il contenzioso del decennio dall’esito imprevedibile e con pochissimi precedenti a fare giurisprudenza. I vinti rischiamo di essere tutti. Perché dal primo luglio potremmo trovarci con un gestore bloccato che guarda alla porta d’uscita. I vertici di Atlantia, controllata al 30% dalla famiglia Benetton, ritengono che per la loro controllata a questo punto, senza la sterilizzazione dell’articolo 35 del Milleproroghe che disciplina la revoca della concessione, la strada sia solo la risoluzione della Convenzione del 2007. Hanno tempo per esercitarla fino al 30 giugno. Se non lo facessero rischierebbero cause legali dagli investitori esteri azionisti di Autostrade, il fondo cinese Silk Road e i tedeschi di Allianz. Perché non contrasterebbero il cambio normativo introdotto dal Milleproroghe. Rischia di verificarsi uno strano paradosso dagli imprevedibili impatti sui conti pubblici. Mentre Palazzo Chigi ha l’urgenza di far ripartire le opere avendo anche costruito con Cassa depositi l’operazione nel settore delle costruzioni con Salini Impregilo dall’altro frantuma ogni residua speranza di compromesso con la famiglia Benetton vincolando il futuro di Autostrade all’interpretazione che uscirà dalle sentenze dei giudici di Tar e Consiglio di Stato.
Che cosa potrebbe accadere dunque dal 1 luglio senza un accordo che molti cominciano a ritenere improbabile? Da un punto di vista della gestione nulla. Il concessionario attuale continuerebbe a gestire la rete fino al pagamento del valore di indennizzo, che renderebbe così efficace la risoluzione stessa. Vista l’incertezza, sarebbe però costretto a bloccare qualunque investimento e a sospendere tutte le gare in essere e quelle che sta per bandire, limitandosi alle spese per la manutenzione ordinaria. La maggiore rete autostradale finirebbe in stand-by in attesa che lo Stato la riprenda in mano non prima di aver elargito l’indennizzo per estinzione anticipata della concessione. L’importo non verrebbe automaticamente erogato perché nessuno sa a quanto ammonta configurando una situazione di limbo che potrebbe protrarsi per diversi anni. Alcuni sostengono che ammonti a 20 miliardi, altri sostengono non sia più di 7 miliardi come previsto dal Milleproroghe che essendo una legge di primo livello avrebbe cambiato anche la Convenzione firmata 13 anni fa. Altri ancora ritengono che in attesa della sentenza sulle responsabilità del crollo del viadotto Morandi a Genova agli azionisti di Autostrade non toccherebbe alcunché. Sul contenzioso amministrativo che si sta per innescare penderà però anche il giudizio della Consulta che complica il quadro. Perché i vertici di Autostrade hanno già eccepito la questione di costituzionalità dell’articolo 35 del Milleproroghe, che avrebbe cambiato ex post un accordo firmato anni prima. Qui le interpretazioni dei costituzionalisti divergono. Ma se l’articolo 35 dovesse essere in conflitto con la Carta a quel punto la rete tornerebbe di diritto nelle disponibilità della concessionaria con il rischio che possa essere addebitato allo Stato anche il «lucro cessante» dal 1° luglio. Con un terribile corollario: quello di non investire pesantemente anche sulle opere in essere, alcune con oltre 70 anni di attività e rischio di usura.