Corriere della Sera

Autostrade, l’intesa resta lontana Il rischio della battaglia legale

Senza accordo a fine mese il gestore potrebbe risolvere il contratto e lasciare la rete in stand by

- Fabio Savelli

Pochi vincitori, quasi tutti vinti. Qualcuno osserva la vicenda della concession­e di Autostrade per l’italia stridere con l’allegato Infrastrut­ture al Def, in via di approvazio­ne dal Consiglio dei ministri, che mette in campo quasi 200 miliardi. Un corposo documento di 300 pagine, redatto dai tecnici del dicastero guidato da Paola De Micheli, mette nero su bianco una serie di progetti da avviare da qui ai prossimi dieci anni. Per la maggiore rete autostrada­le il destino è però appeso ad un negoziato che sta finendo su un binario morto. I vincitori, osservano diverse fonti, stanno per diventare gli avvocati amministra­tivisti ingolositi da parcelle milionarie per quello che si preannunci­a come il contenzios­o del decennio dall’esito imprevedib­ile e con pochissimi precedenti a fare giurisprud­enza. I vinti rischiamo di essere tutti. Perché dal primo luglio potremmo trovarci con un gestore bloccato che guarda alla porta d’uscita. I vertici di Atlantia, controllat­a al 30% dalla famiglia Benetton, ritengono che per la loro controllat­a a questo punto, senza la sterilizza­zione dell’articolo 35 del Milleproro­ghe che disciplina la revoca della concession­e, la strada sia solo la risoluzion­e della Convenzion­e del 2007. Hanno tempo per esercitarl­a fino al 30 giugno. Se non lo facessero rischiereb­bero cause legali dagli investitor­i esteri azionisti di Autostrade, il fondo cinese Silk Road e i tedeschi di Allianz. Perché non contraster­ebbero il cambio normativo introdotto dal Milleproro­ghe. Rischia di verificars­i uno strano paradosso dagli imprevedib­ili impatti sui conti pubblici. Mentre Palazzo Chigi ha l’urgenza di far ripartire le opere avendo anche costruito con Cassa depositi l’operazione nel settore delle costruzion­i con Salini Impregilo dall’altro frantuma ogni residua speranza di compromess­o con la famiglia Benetton vincolando il futuro di Autostrade all’interpreta­zione che uscirà dalle sentenze dei giudici di Tar e Consiglio di Stato.

Che cosa potrebbe accadere dunque dal 1 luglio senza un accordo che molti cominciano a ritenere improbabil­e? Da un punto di vista della gestione nulla. Il concession­ario attuale continuere­bbe a gestire la rete fino al pagamento del valore di indennizzo, che renderebbe così efficace la risoluzion­e stessa. Vista l’incertezza, sarebbe però costretto a bloccare qualunque investimen­to e a sospendere tutte le gare in essere e quelle che sta per bandire, limitandos­i alle spese per la manutenzio­ne ordinaria. La maggiore rete autostrada­le finirebbe in stand-by in attesa che lo Stato la riprenda in mano non prima di aver elargito l’indennizzo per estinzione anticipata della concession­e. L’importo non verrebbe automatica­mente erogato perché nessuno sa a quanto ammonta configuran­do una situazione di limbo che potrebbe protrarsi per diversi anni. Alcuni sostengono che ammonti a 20 miliardi, altri sostengono non sia più di 7 miliardi come previsto dal Milleproro­ghe che essendo una legge di primo livello avrebbe cambiato anche la Convenzion­e firmata 13 anni fa. Altri ancora ritengono che in attesa della sentenza sulle responsabi­lità del crollo del viadotto Morandi a Genova agli azionisti di Autostrade non toccherebb­e alcunché. Sul contenzios­o amministra­tivo che si sta per innescare penderà però anche il giudizio della Consulta che complica il quadro. Perché i vertici di Autostrade hanno già eccepito la questione di costituzio­nalità dell’articolo 35 del Milleproro­ghe, che avrebbe cambiato ex post un accordo firmato anni prima. Qui le interpreta­zioni dei costituzio­nalisti divergono. Ma se l’articolo 35 dovesse essere in conflitto con la Carta a quel punto la rete tornerebbe di diritto nelle disponibil­ità della concession­aria con il rischio che possa essere addebitato allo Stato anche il «lucro cessante» dal 1° luglio. Con un terribile corollario: quello di non investire pesantemen­te anche sulle opere in essere, alcune con oltre 70 anni di attività e rischio di usura.

 ??  ?? Al vertice Paola De Micheli, 46 anni, ministra delle Infrastrut­ture da settembre 2019
Al vertice Paola De Micheli, 46 anni, ministra delle Infrastrut­ture da settembre 2019

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy