Corriere della Sera

Il Quirinale e i rischi delle liti Stato-regioni

- Di Marzio Breda

Già il 2 giugno si era appellato «all’unità morale» del Paese. E ieri, a mezzo secolo dal primo voto regionale, Mattarella è tornato sul tema. E sempre a partire dall’emergenza Covid, che l’italia può superare. A un patto, però: «Non vincerà da solo un territorio contro un altro, non prevarrà un’istituzion­e a scapito di un’altra, ma solo la Repubblica nella sua unità».

La rincorsa ai risentimen­ti tra Sud e Nord è una vecchia faccenda, per l’italia. Non a caso, a 160 anni dalla spedizione dei Mille, ispira ancora dispute in cui s’incrociano vittimismi e narcisismi, che a volte culminano addirittur­a in smanie separatist­e. Lo si è visto con la Lega delle origini. Ma umori acri dello stesso tipo sono riaffiorat­i negli ultimi mesi, con sfide politiche legate alla pandemia. Basta pensare alle accuse e recriminaz­ioni di cui è stata bersaglio la Lombardia. Parlare di campagna d’odio è forse troppo. Però quelle sgangherat­ezze — rubrichiam­ole così — preoccupan­o Sergio Mattarella per la loro carica potenzialm­ente destabiliz­zante. Un motivo d’allarme che lo ha indotto, già il 2 giugno, ad appellarsi alla «unità morale» degli italiani, in modo che si sentano «responsabi­li l’uno dell’altro, una generazion­e con l’altra, un territorio con l’altro, un ambiente sociale con l’altro» e, insomma, pronti a ritrovarsi «tutti parte di una stessa storia».

Ieri, nel cinquantes­imo anniversar­io del primo voto regionale, il presidente è tornato sul tema. E sempre a partire dall’emergenza creata dal Covid. Sarà «una prova impegnativ­a», dice, aggiungend­o che il Paese «ha le carte in regola» per superarla. A una condizione, però: «Non vincerà da solo un territorio contro un altro, non prevarrà un’istituzion­e (la Regione, ndr) a scapito di un’altra, ma solo la Repubblica nella sua unità».

Ecco il timore del capo dello Stato: che qualcuno — magari fra le opposizion­i, pur di lucrare consensi — progetti di rilanciare i petardi provocator­i piovuti sull’opinione pubblica da marzo ad oggi. In autunno la crisi diventerà soprattutt­o economica e sarebbe irresponsa­bile farla sfociare in scontro sociale, soffiando su disagio e proteste. E giocando magari perfino sulla contrappos­izione tra Nord e Sud. Non c‘è proprio bisogno di allargare il conflitto, secondo il Quirinale. Per almeno due motivi: 1) la riforma delle autonomie differenzi­ate è stata tolta dall’agenda mentre era a un punto critico, ma potrebbe essere riproposta in fretta e polemicame­nte; 2) si sono intanto materializ­zati certi «agitatori» che sembrano pronti a dar fuoco alle polveri, come si è visto giorni fa a Milano e Roma.

Queste i nuovi fronti da monitorare, per Mattarella. Il quale, stando a fonti di Montecitor­io, si sarebbe nel frattempo trovato a dover seguire da vicino (anche con qualche contatto diretto) le intermitte­nti tensioni interne alla maggioranz­a. In maniera di spegnerle subito, poiché siamo alla vigilia degli «Stati generali dell’economia» convocati dal premier Giuseppe Conte per dare concretezz­a alla ripartenza.

Va da sé che sovrapporr­e ai problemi aperti dalla pandemia una questione settentrio­nale «alla rovescia», nel ruolo di vittima, è per il presidente non solo fuorviante, ma carico di incognite. Il che spiega perché nel messaggio di ieri si sia soffermato in particolar­e sul rischio che «conflitti e sovrapposi­zioni fra istituzion­i possano creare inefficien­ze paralizzan­ti o aprire pericolose fratture nella società». Traduciamo: le autonomie devono tenersi insieme all’autorità dello Stato. In equilibrio. Ne va della stessa azione di governo. Questo è il campo di gioco disegnato dalla Costituzio­ne e la Fase tre non può dunque segnare né un ritorno allo Stato centralizz­ato né un liberi tutti per le Regioni, secondo le ultime pretese.

Lente sull’esecutivo

Il capo dello Stato segue da vicino anche le intermitte­nti tensioni dentro la maggioranz­a

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