«Migranti, ora quote europee» Lettera dell’italia con 4 Paesi: regole sugli sbarchi. L’allarme: in 20 mila pronti a partire
Secondo gli ultimi report ci sarebbero almeno 20 mila stranieri pronti a salpare dai porti della Libia. Migranti che in questi mesi di lockdown si sono affidati alle milizie e ai trafficanti in attesa di trovare un mezzo su cui imbarcarsi. Molti lo hanno già fatto: l’ultimo bollettino del Viminale parla di 5.461 approdi fino a ieri nonostante la sospensione delle attività delle Ong. Anche per questo l’italia — assieme a Spagna, Grecia, Malta e Cipro — ha inviato una lettera all’ue chiedendo «le quote obbligatorie».
Allentare i controlli e consentire ai migranti di partire. È questa l’arma di ricatto che la Libia può utilizzare per ottenere nuove concessioni. Ma è soprattutto lo strumento di pressione che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, ormai alleato principale del capo del governo di Tripoli Al Sarraj, per trattare con l’europa. Ecco perché il governo italiano ha riattivato le relazioni diplomatiche, ma anche l’attività di intelligence affidata all’aise, nel Nord Africa. E la ministra dell’interno Luciana Lamorgese sta gestendo personalmente questa fase di uscita dall’emergenza coronavirus nella consapevolezza che il ritorno in mare delle navi delle Ong potrebbe far ricominciare gli sbarchi sulle nostre coste, anche se i porti continuano ad essere chiusi.
Secondo gli ultimi report ci sarebbero almeno 20 mila stranieri pronti a salpare. Persone che in questi mesi di lockdown mondiale si sono affidati alle milizie e ai trafficanti in attesa di trovare un mezzo su cui imbarcarsi. La convinzione degli esperti è che i viaggi, adesso che è stata superata la fase peggiore della pandemia, potrebbero riprendere a ritmo elevato. Provanesia che moltissime persone sono già riuscite a partire: l’ ultimo bollettino del Viminale parla di 5.461 approdate fino aierino nostante la sospensione delle attività delle organizzazioni non governative, a fronte dei 1.878 arrivati nel 2019. Tra loro anche molti tunisini — sono 818 — che arrivano con gommoni e pescherecci e approdano soprattutto sulle spiagge.
Ieri le autorità maltesi hanno autorizzato lo sbarco dei 425 migranti che si trovavano da 40 giorni a bordo di quattro barconi turistici affittati dal governo de La Valletta per tenerli al largo dell’isola durante la pandemia da coronavirus. « Siamo stati costretti perché minacciavano l’equipaggio » , ha sostenuto il premier Robert Abela, prima di sollecitare una redistribuzione gestita dall’europa. E potrebbe essere proprio questo i l pri mo banco di prova di quello che potrebbe accadere nelle prossime settimane.
Dopo la Sea Watch, che ha ripreso l’attività di pattugliamento e soccorso due giorni fa, anche altre organizzazioni non governative hanno deciso di tornare in mare e questo fa presumere che riprendano gli sbarchi o comunque le richieste di approdo così come accadeva nei mesi scorsi. « Siamo finalmente in viaggio, nei tre mesi passati a Messina per adeguarci alle misure anti Covid 19, le istituzioni non hanno garantito i soccorsi in mare e, dunque, « a nostra presenza è più che mai necessaria», è scritto nel t we e t postato da Sea Watch. Un’attività che l ’ I talia non sembra aver intenzione di agevolare.
Proprio in queste ore il governo ha deciso di riattivare la trattativa con Tripoli offrendo la consegna dei mezzi e degli aiuti che erano già stati promessi. Oltre alle motovedette e agli altri strumenti per il controllo delle coste, l’italia si è detta disponibile a trattare la fornitura di apparecchiature utili a garantire la sorveglianza delle frontiere interne, così come i libici chiedono ormai da anni.
Le Ong Dopo la Sea Watch altre navi hanno deciso di tornare in mare