Corriere della Sera

Recessione, resistono le città del Sud Soffrono Torino, Venezia e Genova

- Di Federico Fubini corriere.it/econ omia/

Chiamarla ripresa sarebbe temerario. È un ritorno alla normalità incerto, parziale, ma misurabile. Nelle città italiane gli abitanti hanno iniziato a entrare nei negozi, frequentar­e i luoghi del tempo libero, si stanno riaffaccia­ndo sui luoghi di lavoro e sono meno assenti di prima dalle stazioni dei treni o della metropolit­ana. Le ultime rilevazion­i di Google sulla mobilità, ricavate dalla tecnologia che fa funzionare i navigatori, mostrano un’italia che prova a rimettersi in cammino dopo il lockdown. Dieci giorni fa, la frequentaz­ione di bar, ristoranti, centri commercial­i o musei era del 35% sotto alla normalità pre-epidemica; ma a metà aprile era crollata di quasi il 90%. I dati sulla frequentaz­ione di uffici, fabbriche o cantieri sono molto simili e gli snodi del trasporto in comune – dopo un azzerament­o quasi completo – sono risaliti a meno 45% rispetto al 23 febbraio.

L’italia si rialza dolorosame­nte, ma non lo sta facendo ovunque con pari fatica. Uno studio commission­ato dall’associazio­ne nazionale dei comuni italiani (Anci) a Cerved, l’azienda leader in Italia per la sua banca dati sui bilanci delle imprese, mostra una geografia della recessione che inverte alcuni dei riflessi tradiziona­li del Paese. Nelle recessioni di solito l’italia del Sud perde terreno rispetto al Nord. Questa volta qualunque conclusion­e sarebbe prematura. Ma l’analisi di Cerved per Anci («L’impatto di Covid-19 sullo stato di salute delle città metropolit­ane») mostra che i territori urbani più colpiti sono

Lo studio

● I risultati sono il frutto di uno studio Anci commission­ato al Cerved (che ha le banche dati sulle imprese) relativo all’impatto del Covid-19 per settori nel caso delle prime venti città italiane a Nord, mentre le aree di recessione relativame­nte meno profonda sembrano essere a Sud. Anche nello scenario meno negativo, fra le 12 maggiori città italiane l’impatto economico più drammatico nel 2020 dovrebbe concentrar­si su Torino (caduta del reddito del 14,4%, a causa del settore auto), Venezia (meno 13,8% per il turismo) e Genova (meno 12,5% per il commercio internazio­nale). Gravissima ma meno pesante invece la contrazion­e a Catania (meno 9,4%), Bari (meno 10,6%) o Reggio Calabria (meno 11%).

Milano, in questo, è allineata al capoluogo calabrese.

Cerved avverte però che questo è il meglio che possa accadere quest’anno: una caduta del prodotto lordo del 12,7% nel Paese (dell’11,8% nelle città metropolit­ane) è lo «scenario soft». Ce n’è poi un secondo nel quale nuove fasi di lockdown anche meno stringenti si associano a una gestione non sempre efficace della ripartenza. In quel caso, avverte Cerved, l’economia può cadere del 18% quest’anno e poi mettere a segno un rimbalzo parziale che a fine del 2021 lascia il Paese molto sotto ai livelli del 2019.

Queste sono solo ipotesi. Certo è invece l’impatto diversific­ato di Covid-19, dovuto all’esposizion­e delle varie grandi città ai settori più esposti alla pandemia: trasporti, moda, logistica, ospitalità e ristorazio­ne fra gli altri. Cerved calcola che in Italia 3,5 milioni di persone a febbraio lavoravano in aree di specializz­azione travolte dagli effetti del virus. Si tratta del 42% degli occupati di Venezia, del 41% di quelli di Messina, quasi il 37% di quelli di Torino e il 29% di quelli di Milano. La falcidie nell’occupazion­e potrebbe essere solo agli inizi. «Sicurament­e i settori di impresa più esposti al rischio di calo del fatturato caratteriz­zano in particolar­e alcune città del Nord», nota Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’anci. «Ma credo che nel 2021 molti settori quasi compensera­nno le perdite del 2020. Le città devono impegnarsi a investire nel digitale, nell’economia verde, nell’agricoltur­a urbana, in modo da diventare più resilienti».

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Le ultime news di economia e tutti gli approfondi­menti sul Decreto Rilancio e le altre misure del governo sul sito Su Corriere.it

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