Centrodestra, alta tensione sui candidati alle Regionali Un vertice per ricucire
La partita è complicata. Dura, persino. Il centrodestra non pare neppure vicino a trovare l’accordo sui candidati presidente delle sei regioni che andranno al voto (presumibilmente) in settembre. Anzi, il confronto tra i leader che era fissato per oggi, è stato già derubricato a un più probabile «giro di telefonate». Del resto, Matteo Salvini tornerà a Roma soltanto in tarda serata, al termine di un tour in Marche e Abruzzo.
La sfida è impervia perché inevitabilmente sarà letta come un confronto tra le leadership di Salvini e di Giorgia Meloni. Con la prima forte non soltanto del momento d’oro nel consenso, ma anche dei patti presi a suo tempo dalla coalizione. Il secondo determinato a non farsi mettere sul conto rinunce dal fin qui silenzioso «tribunale» interno della Lega.
La situazione è delicata al punto che in molti già danno per probabile la rottura della coalizione, con i partiti del centrodestra ad affrontare le elezioni in ordine sparso. Ipotesi che Salvini respinge con un ottimistico «macché». Ma ieri lo ha detto anche Antonio Tajani, almeno in relazione alla Campania: «Se si rompe la coalizione di centrodestra, Matteo Salvini se ne assumerà tutta la responsabilità. Forza Italia non ha mai avuto tutta questa pazienza».
Il leader leghista non commenta, si limita a far sapere che il Carroccio «vuole essere primo partito in tutte le regioni che andranno al voto, da Nord a Sud». Ed è «al lavoro per una coalizione unita, forte e innovativa». E se «la sinistra sceglie il vecchio e le ammucchiate, modello De Luca, De Mita, Mastella, noi dobbiamo guidare squadre che guardano al futuro».
Tolte Veneto e Liguria, dove i governatori uscenti Zaia e Toti non sono in discussione,
Chi è in corsa il problema più complicato si chiama Puglia. Meloni da molto tempo ha indicato come proprio uomo l’ex azzurro Raffaele Fitto. Ma proprio il lungo curriculum dell’ex presidente è la carta che Salvini vuole giocarsi: «Serve il nuovo». Il suo candidato è Nuccio Altieri, presidente di Invimit, società di gestione del risparmio del Mef.
E poi, c’è la Campania. Anche qui il candidato è un ex governatore, Stefano Caldoro, già socialista in quota a Forza Italia. Per Salvini, stesso discorso: «Serve il nuovo». Ma Forza Italia non ha alcuna intenzione di passare per subalterna a Salvini. Mentre tra i leghisti in parecchi sono convinti che il partito di Silvio Berlusconi ormai stia guardando all’area di governo. Nè aiuta la discussione il fatto che pochi giorni fa la
Lega abbia annunciato il passaggio al Carroccio di due azzurri di prima fascia come Severino Nappi, ex assessore al Lavoro proprio con Caldoro e il consigliere regionale Gianpiero Zinzi.
Nelle Marche si ripete il copione pugliese: Giorgia Meloni indica il suo deputato Francesco Acquaroli, Salvini storce il naso. Preferirebbe di gran lunga un civico come il sindaco di Jesi Massimo Bacci. Risultato: nel centrodestra sono parecchi coloro che danno per probabile la rottura. In realtà, tutto resta da vedere. Di certo Giorgia Meloni, che oggi ha una percentuale di popolazione amministrata bassissima rispetto al peso elettorale, non sembra affatto disponibile a prendere la cosa con noncuranza.
Infine, la Toscana. La regione «rossa» è stata per lungo tempo il sogno di Salvini. Ma la doccia fredda delle elezioni in Emilia Romagna hanno reso il leader leghista assai più cauto. E così, la sua eurodeputata e probabile candidata Susanna Ceccardi sembra la meno insidiata dagli alleati.