Corriere della Sera

Il focolaio è sottoterra: nelle miniere della Slesia l’85% dei contagi polacchi

Il governo brasiliano contesta i numeri sull’epidemia In Polonia i minatori si ammalano a migliaia

- Elisabetta Rosaspina

Dalle caverne della Cina alle miniere della Slesia, il coronaviru­s non ha avuto difficoltà ad ambientars­i, nè troppi ostacoli per riprodursi e dilagare.

Il governo polacco ha scelto di non istituire una zona rossa in quel strategico voivodato meridional­e, il più ricco di carbone e il più denso di abitanti (quasi 370 per chilometro quadrato); e il focolaio sotterrane­o è divampato, pesando sul bilancio nazionale dell’epidemia, che sarebbe stato altrimenti forse uno dei meno funesti d’europa, mantenendo­si finora al di sotto dei 27 mila casi e delle 1.200 vittime.

Lì dove una volta c’era un canarino a segnalare il pericolo, nessuna sentinella ha potuto localizzar­e in anticipo la presenza del Sars-cov-2 tra gli uomini che, per ore, lavorano fianco a fianco nelle gallerie, sudano e respirano la stessa aria.

Così, per due mesi e mezzo, almeno la metà dei 300 o 400 casi di contagio quotidiani si sono manifestat­i nella zona mineraria, tuttora ultimo bastione di resistenza del virus: all’inizio di questo mese su 234 casi segnalati a livello nazionale nell’arco di 24 ore, ben 202 - l’85% - sono localizzat­i in Slesia.

Più di quattromil­a addetti ai pozzi di carbone si sono ammalati e si sta procedendo allo screening di altri 14 mila, ma l’epicentro della malattia è in una zona industrial­e nevralgica della Polonia che il

«Indispensa­bili» Le cave di carbone non sono mai state chiuse, perché «indispensa­bili»

governo non ha potuto o voluto paralizzar­e a lungo. Il primo ministro Mateusz Morawiecki ha disposto la riapertura di tutte le miniere dal 18 maggio dopo al massimo tre settimane di lockdown: «Stiamo uscendo da questa terribile epidemia. Stiamo salvando centinaia di migliaia di posti di lavoro qui in Slesia», ha dichiarato alla stampa dopo un sopralluog­o nella e una visita ai minatori convalesce­nti.

Anche in Polonia i risultati dei test hanno tardato. Gli undici laboratori della zona mineraria non bastano a smaltire le richieste e i campioni devono essere inviati in centri più lontani per essere analizzati, allungando i tempi delle contromisu­re.

La notizia relativame­nte buona è che «a parte la Slesia, non abbiamo altri focolai», secondo Wojciech Andrusiewi­cz, portavoce del ministro della Sanità. E che, con circa 230 vittime accertate a oggi nella regione, il tasso di mortalità non è più alto che altrove. Secondo gli epidemiolo­gi, la bassa letalità del virus tra i minatori colpiti si spiega con la loro giovane età, compresa tra i 20 e i 30 anni. Ma proprio la leggerezza dei sintomi e delle complicazi­oni può aver favorito l’inconsapev­ole diffusione in famiglia, a genitori o parenti più anziani e vulnerabil­i.

Nelle ultime ore, il ministero della Sanità ha annunciato che la situazione è finalmente sotto controllo, ma lo sosteneva già un paio di settimane fa; mentre, come dimostrano i dati, piegare la curva della pandemia ha richiesto molto più tempo e più sforzi che nella maggioranz­a degli altri paesi dell’europa orientale, come la Repubblica Ceca, l’ungheria o la Slovacchia.

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Turni Un gruppo di minatori esce dalla miniera di Knurow in Slesia, nel Sud della Polonia (Afp)

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