Dopo la chiusura
Tra le abitudini da non perdere: meno impegni, le passeggiate senza meta e i momenti di solitudine
miei familiari, ho scoperto che, in fondo, sono brave persone». Saveria Capecchi, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’università di Bologna, spiega: «Il lockdown è stato una dieta di socialità: nei momenti duri, quando vuoi comunicare in profondità, il cerchio delle amicizie si stringe e c’è meno dispersione in contatti inutili». Abbiamo pure imparato a stare di più con noi stessi. Questi sconosciuti. Nota la psicologa Vera Slepoj: «La solitudine serve a capire come funzioniamo. Prima, riempivamo tutto con un impegno, una palestra e una movida. Adesso, sarebbe benefico mantenere quel tempo sospeso, la colazione lunga, quell’ora di noia sul divano o di lettura, che è occasione di riflessione. E non dovremmo precipitarci a organizzare troppo la vita dei nostri figli».
Eravamo anche diventati, di colpo, un popolo di sportivi. Tutti a fare la corsetta, ad assembrarci nei parchi, tutti in rivolta per i parchi poi chiusi. «Ora, non dovremmo perdere la passeggiata senza meta», suggerisce Capecchi, «fa bene alla salute e anche alla creatività, perché purifica i pensieri e fa spazio a idee nuove». C’è poi il capitolo smart working, che è più tempo per sé e minore impatto nocivo su città e clima. Nel suo ateneo, spiega Capecchi, la didattica online si affiancherà a quella in aula: «Alle lezioni a distanza, gli studenti erano sempre presenti e, in chat, erano meno timidi e facevano più domande». E spesso chi ha lavorato da casa ha imparato l’abitudine eco di non stampare. Infine c’è una cosa, suggerisce Slepoj, di cui far tesoro: «Ci siamo adattati a cambiamenti enormi. Ora temiamo il futuro, ma sappiamo che possiamo reinventarci se le cose non sono come prima». Insomma, forse non saremo migliori, ma possiamo essere più attrezzati a ogni evenienza.
Cambiamenti Slepoj: affrontati cambiamenti enormi, ora sappiamo che possiamo reinventarci