Caravita, 20 anni, è un estremista di destra. La parabola del padre, tra curva e cronaca nera Movida e rissa, preso l’accoltellatore È il figlio del capo degli ultrà interisti
Un attacco di quelli da risse in carcere: innescato dalla rabbia, governato dalla decisione di uccidere; un attacco che nei movimenti ricorda quelli sul ring: il pugile che aziona il braccio dall’esterno verso l’interno, una rapida e precisa sequenza di ganci. Alle 4 della notte tra sabato e ieri, il 20enne Alessandro Caravita (figlio dello storico capo degli ultrà dell’inter Franco) ed estremista di destra di «Lealtazione», è in galera con l’accusa di tentato omicidio: ventisei ore prima del trasferimento a San Vittore, alle 2.30 tra venerdì e sabato, ha quasi ammazzato un altro ragazzo, di cinque anni maggiore, in corso Garibaldi, all’esterno dei locali affollati di giovani.
Caravita, che ha precedenti riconducibili alla battaglia tra tifosi nerazzurri e napoletani nel dicembre 2018 con la morte di Lele Belardinelli (fu indagato anche se la sua partecipazione non è mai stata provata), camminava in compagnia di due amiche. Una di queste è l’ex di uno del gruppo della vittima. Gli schieramenti si sono incrociati per puro caso: insulti e poi l’offensiva. I primi a muoversi sono stati il 25enne e i compari. Caravita ha subìto dei pugni e ha reagito estraendo un coltello a serramanico, suo inseparabile compagno anche quando va a farsi una bevuta al bar, dalle tasche dei pantaloni. Sarà per imprudenza, assenza
Universitario
Lo studente era stato indagato per gli scontri dopo Inter-napoli in cui morì Belardinelli
di lucidità oppure esplicita arroganza: fatto sta che l’arma era a casa sua, quella della famiglia, nella camera da letto, in mezzo ai libri. Così come in quell’appartamento c’erano i vestiti — gli identici vestiti indossati durante l’aggressione — con evidenti tracce ematiche. Seguito
mentre i carabinieri controllavano l’abitazione non da uno ma due avvocati, Caravita ha finto di non saperne niente, di quel coltello, fino a quando gli investigatori della Compagnia Duomo, al culmine di un’indagine esemplare non soltanto per la celerità, hanno scoperto l’arma.
Ha abbozzato una breve difesa, sostenendo di non c’entrare nulla, ma presto s’è trincerato nell’assoluto silenzio. Sotto gli occhi del padre, quel Franco fondatore dei «Boy San», per decenni «dominus» in Curva ma di recente indebolito nel suo ruolo dopo le botte, proprio in pubblico, sugli spalti, davanti al suo popolo, da parte del pregiudicato (e amico) Vittorio Baiocchi; un’esistenza intensa e burrascosa, per Franco, 64 anni, con un arresto, negli anni Ottanta, per l’accoltellamento d’un tifoso austriaco.
Adesso suo figlio Alessandro, studente universitario, uno cresciuto fra gli ultrà, rispettato e omaggiato in quanto l’erede del capo, dovrà gestire il tentato omicidio
5 I colpi inferti da Alessandro Caravita contro un 25enne, ancora ricoverato in gravi condizioni
In cella
È cresciuto tra i tifosi ed è rispettato come erede del fondatore dei Boy San
avvenuto per futili motivi, in un generale clima, quella notte, di ragazzi annebbiati dall’alcol. Più che le testimonianze, son stati utili i filmati delle telecamere. O meglio, girando per mezza Milano alla ricerca dei presenti, i carabinieri comandati dal capitano Matteo Martellucci hanno recuperato unicamente frammenti di testimonianze, tasselli parziali: a fatica li hanno assemblati codificando una ricostruzione dalle solide basi. Il che non implica la fine delle indagini. Ci sono responsabilità anche nel gruppo della vittima, per abitudine facile a provocare e litigare. Il 25enne è stato raggiunto da quattro colpi al torace e da uno all’inguine, tutti andati a fondo: rischia la vita.