Corriere della Sera

LEZIONI DI CONVIVENZA: I BIMBI MUSULMANI NELLA SCUOLA EBRAICA

- Di Paolo Salom

Qualche volta, abbattere il muro del pregiudizi­o appare così semplice che è quasi normale chiedersi se sia mai esistito o se non sia piuttosto la proiezione di un costrutto artificial­e. A Birmingham, seconda città della Gran Bretagna, la scuola elementare Re David — gestita dalla locale comunità ebraica — è in tutto e per tutto simile agli istituti presenti in altre realtà e Paesi: rispetto delle festività della tradizione biblica, mensa strettamen­te kosher (ovvero il cibo risponde alle norme talmudiche quanto a origine e preparazio­ne), programma improntato al curriculum nazionale ma ispirato dalla tradizione di Israele. Piccolo esempio: nel giorno dell’indipenden­za dello Stato ebraico, gli alunni cantano l’hatiqwa (la Speranza), l’inno nazionale israeliano. Che cosa c’è di straordina­rio? Vale la pena a questo punto raccontare che i tre quarti degli iscritti — bambini e bambine dai 3 agli 11 anni — sono di religione musulmana, solo un quarto sono ebrei. Birmingham, sin dal 18esimo secolo, ha avuto un’importante presenza di ebrei. Ma la comunità, negli anni, si è assottigli­ata fino a sole 2 mila anime. L’istituto Re David ha una storia antica e soprattutt­o è da sempre considerat­o di ottima qualità. Così, quando per ragioni di bilancio ha aperto le iscrizioni ai figli delle tante comunità presenti in città (oggi un residente su cinque è di fede islamica e di provenienz­a soprattutt­o dal Pakistan ma anche da Yemen e altri Paesi del Medio Oriente, Iran compreso) non ha avuto difficoltà a riempire i banchi vuoti. Ora, è vero che rispetto al numero, non tutti i bambini musulmani di Birmingham trovano posto in una scuola di carattere islamico. Tuttavia è anche vero che la scelta è vasta e molti avrebbero più facilità a iscriversi in un istituto più vicino a casa piuttosto che scegliere la scuola ebraica. Invece molti papà e mamme vanno di proposito a parlare con il preside della Re David. Convivere si può.

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