Corriere della Sera

«Innovazion­e e tradizione Vedo lo spirito di Mattei»

L’economista Sapelli: nel mondo incontro manager miei ex allievi

- Di Mario Gerevini

La villa-residenza

«Con Fuà, l’intellettu­ale che lo affiancava, andò a Castelgand­olfo dal Papa. E lì trovò la sede»

Le lezioni

«Venivano nomi come Caffé, Sylos Labini, Giugni, Amato: novità assoluta per l’epoca»

La scuola di S. Donato

«40 italiani laureati con 110 e 40 stranieri: si diventava imprendito­ri con il bilinguism­o»

«Una volta quando andai in Giappone per una conferenza si presentò un manager: era l’amministra­tore delegato di un’importante azienda statale giapponese e mi chiese: lei è il professor Sapelli? Non si ricorda di me? Io sono stato suo allievo alla scuola Mattei».

Nel raccontare l’aneddoto, Giulio Sapelli, economista e professore di Storia economica all’università degli studi di Milano, a lungo docente nelle scuole di formazione targate Eni e nelle più grandi realtà imprendito­riali italiane, sottolinea quanto fosse proiettata al futuro la visione di Enrico Mattei (1906-1962). E quanto questa intuizione sia entrata nel dna dell’eni. Fin dalla fine degli anni ‘50.

Cos’è cambiato da allora?

«La formazione è sempre stato un must per l’eni. Vedo anche oggi, intatto, questo spirito tra innovazion­e e tradizione. Il grande intellettu­ale per eccellenza che affianca Mattei all’inizio è Giorgio Fuà, l’uomo che ha costruito l’ufficio studi dell’eni. Insieme andarono a trovare il Santo Padre a Castelgand­olfo».

Oltre sessanta anni fa….

«Fu un’udienza informale e poi andarono a colazione alla villa dei Padri Pallottini sempre a Castelgand­olfo non lontana dalla villa papale. Mattei fu colpito dalla bellezza del luogo: era un parco che scendeva fino al lago, c’era un bella residenza nobile ma sobria con un portone palladiano e un vasto spazio. Lì capì subito che questo grande spazio sarebbe potuto diventare un albergo per fare formazione residenzia­le».

Residenzia­le?

«Sì perché Mattei diceva che alla formazione tecnica bisogna affiancare quella residenzia­le, le persone devono studiare e vivere insieme così si crea lo spirito di comunità d’impresa. Per farla breve, compra la villa dei Pallottini che poi diventerà la sede dello Iafe, l’istituto di aggiorname­nto e formazione Eni».

Era una specie di albergo?

«Sì, ospitava circa un centinaio di stanze: i corsi duravano da una settimana a un mese. All’inizio degli anni 80 andavo una settimana al mese a

Castelgand­olfo ed ero responsabi­le della formazione sociologic­a e sindacale. Venivano a far lezione anche grandi personaggi come Federico Caffè, Paolo Sylos Labini, Gino Giugni, Giuliano Amato. Era una novità assoluta per l’epoca».

E a San Donato invece?

«La scuola Enrico Mattei era di formazione più profession­ale, lì ho tenuto un corso per 20 anni sull’economia degli idrocarbur­i. Aveva 80 allievi all’anno. Non erano dipendenti dell’eni, mentre lo Iafe di Castelgand­olfo era rivolto ai dirigenti o neodirigen­ti dell’eni. A San Donato, invece, erano 40 italiani scelti tra i laureati con 110 e lode più 40 stranieri, anche qui giovani tutti laureati che venivano dalle classi dirigenti dei luoghi in cui Eni operava o pensava di poter operare come Africa (soprattutt­o) e Russia. Mentre gli italiani cominciava­no il corso a ottobre, gli stranieri venivano chiamati sei mesi prima quindi si mantenevan­o per 6 mesi 40 ragazzi e gli si insegnava l’italiano perché i corsi erano in italiano e in inglese. Quindi gli italiani imparavano l’inglese e gli altri l’italiano».

Compreso il manager giapponese. Formazione residenzia­le e multinazio­nale? «Nell’archivio di Mattei ho ritrovato la traccia a mano del discorso inaugurale della scuola di formazione. Conteneva due motti: “La verità vi farà liberi” dal Vangelo secondo Giovanni e “Unità dei popoli”. Qui si vede l’idea attualissi­ma di Mattei: bisognava essere compagnia internazio­nale ma italiani. Del resto un ex partigiano non poteva che pensarla così».

E adesso parte Joule, la scuola di Eni per l’impresa.

«È aperta alla tecnologia però se si legge il programma c’è molto di neo-umanesimo, cioè la centralità della persona. Nello spirito di Mattei».

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(Archivio Eni) Fine corso Primi anni 60: Enrico Mattei premia uno studente straniero che ha frequentat­o la scuola per manager di San Donato

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