Pippo Baudo, l’omaggio della Rai al conduttore per eccellenza
P er festeggiare il compleanno di Pippo Baudo (84 anni, auguri!), Rai1 ha riproposto l’omaggio dello scorso anno, quello allestito per festeggiare i 60 anni di tv. Meglio così: quest’anno sarebbe stato di una tristezza infinita, con il «distanziamento sociale» (addio baci e abbracci), con i collegamenti casalinghi, con l’affastellamento di ospiti che sembrano provenire da un altrove sospeso.
Grazie anche alle repliche, Pippo è il nuovo che avanza, di continuo, anche se sta fermo; è il «vecchio» che non declina perché hanno inventato l’età biologica; è il massimo esponente dell’ideologia nazional-popolare (il più bel elogio che gli potesse fare l’incauto ex presidente della Rai Enrico Manca). Lo abbiamo scritto tante volte: Pippo è stato (forse sarebbe più giusto scrivere è ancora) il conduttore per eccellenza, l’uomo che incarna l’idea della star televisiva, non più lontana e inafferrabile come quella cinematografica, ma vicina a portata di mano.
È stato il presentatore che ha inventato la regia «sul campo», ultimo erede della grande tradizione del varietà. È stato lui a scandire il ritmo del programma mentre lo metteva in scena e affrontava imperturbabile qualsiasi imprevisto. Infaticabile, ha interpretato come pochi il ruolo di talent-scout per giovani promesse, più volte ha dimostrato di saper riempire i buchi del palinsesto. Nessuno degli attuali conduttori ha la sua personalità, la sua presenza scenica, sembrano tutti dei volenterosi impiegati dell’intrattenimento.
Vado a memoria, ma una volta Filippo Ceccarelli l’ha definito un democristiano «indistinto e quintessenziale» della scuderia dei cavalli di razza di Piazza del Gesù, una sorta di politico prestato alla tv dotato di una curiosa forma di eclettismo sociale, della capacità cioè di sapersi rivolgere a tutti, di apparire interclassista, di promuovere l’innovazione e nello stesso tempo salvaguardare la tradizione.