Corriere della Sera

I trucchi dei regimi che nascondono i veri dati sul Covid

- di Federico Fubini

Icasi sono due: o durante una pandemia la libertà fa male alla salute; oppure il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, nel cercare di nascondere la realtà dei morti da Covid nel proprio Paese, non fa che accodarsi a un trend diffuso fra decine di governi autoritari, dittatoria­li, populisti e illiberali nel mondo. Difficile spiegare altrimenti perché l’incidenza più alta di decessi da coronaviru­s si concentri oggi nelle democrazie liberali del pianeta, mentre i Paesi retti da regimi più chiusi e opachi sembrino meno colpiti.

Sono passati tre mesi da quando Covid-19 è stata definita una pandemia dall’organizzaz­ione mondiale della sanità. Nel frattempo ha raggiunto 216 Paesi, con più di sette milioni di contagi registrati e ufficialme­nte oltre 400 mila morti. L’allarme internazio­nale è alto almeno dal 20 febbraio, quando divenne chiaro in Lombardia che il virus si stava diffondend­o fuori dalla Cina attraverso canali che non erano stati compresi.

Eppure questa attenzione non è bastata a rispondere a una domanda essenziale: quanti fra i contagiati perdono la vita? Per adesso il tasso di letalità registrato nel mondo è del 5,7%, dunque sembra morire in media una persona ogni diciassett­e di cui viene accertato il contagio. Ma in Belgio finora ha perso la vita una persona ogni sei, in Italia e in Gran Bretagna una ogni sette; in Venezuela, in Arabia Saudita, Qatar, Eritrea, Gabon, Capo Verde o Kazakistan meno di una ogni cento.

Una possibile spiegazion­e, in teoria, è che i sistemi sanitari in questo secondo gruppo di Paesi funzionano meglio e salvano più malati di quanti ne sopravviva­no in Europa o negli Stati Uniti. Ma una breve ricerca sui decessi da coronaviru­s in più di cento Paesi ne porta alla luce un’altra: le informazio­ni su Covid-19 fornite da decine di Paesi retti da sistemi autoritari non sono veritiere. Governi poco o per niente democratic­i tendono a presentare un quadro sostanzial­mente falso degli effetti dell’epidemia.

Nel grafico abbiamo messo a confronto i dati forniti dalla Johns Hopkins University sulla letalità da Covid nei 101 Paesi con la valutazion­e del loro grado di libertà. La letalità è la percentual­e di morti sul totale di coloro che risultano ufficialme­nte contagiati; la «libertà globale» viene valutata ogni anno da Freedom House, un think tank basato a Washington, ed è intesa come l’insieme dei diritti politici e civili. Il risultato è che tutti i Paesi più autoritari hanno una percentual­e di morti da Covid inferiore alla media mondiale; nessuno fra i Paesi meno liberi dichiara una letalità simile a quella dei Paesi liberi più colpiti; e tutti i Paesi nei quali la letalità ufficiale è più alta (Belgio, Gran Bretagna,

Svezia, oltre all’italia) hanno punteggi elevati anche per il grado di libertà.

Dunque la libertà fa male, oppure molti Paesi che ne sono privi stanno nascondend­o i dati. Bolsonaro sembra parte di un fenomeno più vasto. È dunque probabile che i morti per coronaviru­s nel mondo oggi siano molti più di quelli che risultano dalle statistich­e. E la censura sui dati della letalità potrebbe essere solo la punta dell’iceberg di un’opacità più estesa nei regimi autoritari sulla diffusione del contagio e sulle contromisu­re che si stanno prendendo. Le implicazio­ni sulla riapertura dei confini e sul commercio internazio­nale sono dietro l’angolo.

Alcuni casi di soppressio­ne dell’informazio­ne risultano evidenti nei Paesi del Golfo, catalogati molto in basso per libertà politica: l’arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti riconoscon­o una letalità di appena lo 0,7%, il Kuwait dello 0,8%. In Europa su livello simili si trova solo la Bielorussi­a del dittatore Alexander Lukashenko, presidente da 26 anni. Nel Maghreb colpisce la differenza fra la Tunisia, oggi ritenuta da Freedom House un sistema libero dopo la primavera araba del 2011, e il Marocco che viene valutato molto più chiuso. Oggi la Tunisia sta riconoscen­do una letalità per Covid quasi doppia rispetto al Marocco.

Fra i Paesi giudicati più liberi si profilano invece due gruppi diversi. Nel primo si trovano fra gli altri la Germania, la Danimarca, la Finlandia o la Svizzera, dove sembra morire di coronaviru­s circa un contagiato ogni venti. Il secondo gruppo è quello dei Paesi che stanno ufficialme­nte soffrendo della letalità più alta al mondo: Belgio (16,2%), Francia (15,3%), Italia (14,4%), Gran Bretagna (14,2%), Olanda (12,7%), Svezia (10,8%).

È presto per capire perché i morti in Italia, Francia o Belgio siano il triplo di quelli stimati in Germania, a parità di contagi. Possibile però che i primi tre Paesi uniscano due fattori determinan­ti: sono democrazie, dove si è permesso al virus di entrare nelle case di riposo per anziani.

 ??  ?? La maschera del leader Un sostenitor­e di Jair Bolsonaro con una mascherina che riproduce il volto del presidente brasiliano (Carl de Souza/afp)
La maschera del leader Un sostenitor­e di Jair Bolsonaro con una mascherina che riproduce il volto del presidente brasiliano (Carl de Souza/afp)

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