Corriere della Sera

Tanti nodi, un traguardo: gli studenti in classe

- di Gianna Fregonara

La scuola è finita, l’anno scolastico più strano del Dopoguerra è chiuso. Dovremo approfondi­re che cosa è stata realmente la didattica a distanza, capire cosa non ha funzionato e di cosa potremo fare tesoro. Ora però che i contagi non si contano più a migliaia, la sfida è un’altra: a settembre gli studenti devono poter tornare in classe. Tutti. Tre mesi sono pochi per riformare la scuola, sono sufficient­i per trovare una soluzione che renda il prossimo un anno scolastico vero. Un quadrimest­re si recupera, un altro intero anno no.

Se resterà la regola di precauzion­e della distanza interperso­nale e della mascherina o della visiera, servono spazi, insegnanti, tempi nuovi. Certamente fondi ma soprattutt­o idee. A settembre, se il virus non ci darà la tregua che ci aspettiamo, la scuola non potrà essere quella di prima, ma non dovrà per forza essere peggiore. Il danno sarebbe incalcolab­ile. Si andrà tutti a scuola, ma si andrà a scuola per meno tempo: che gli orari vadano ridotti, è una soluzione che trova tutti d’accordo. Risolve una buona parte dei problemi di spazio e di trasporto, evita di stravolger­e troppo le giornate di studenti e professori. Ma fare tutto e bene in meno tempo è già una sfida. Hanno ragione gli esperti e le forze politiche anche di opposizion­e e i sindacati a indicare al governo di assumere più insegnanti: serviranno. E del resto anche i ministri dell’istruzione e dell’economia hanno cominciato a fare qualche conto per aumentare il personale nelle scuole materne ed elementari. Ma serve investire di più. Non è solo una questione di numeri: ci sono graduatori­e di materie come la matematica che sono vuote in diverse province. Già lo scorso anno metà dei posti di ruolo non sono stati assegnati perché non c’erano i professori che servivano. La situazione non è cambiata, in una scuola che avrà comunque oltre duecentomi­la supplenti. Il rischio che alla ripresa molte classi siano senza insegnanti è concreto.

E servono spazi, per poter mantenere la distanza di sicurezza. È irrealisti­co pensare che si costruisca­no scuole in tre mesi, ma nulla vieta, visto che si stanno monitorand­o le aule di tutta Italia, di far partire cantieri che ci consegnino nuove scuole anche tra un anno: non sarà utile per l’emergenza, ma c’è anche un dopo che va pensato. Per trovare spazi intanto si ingegneran­no i presidi, che però già — con qualche ragione — temono di diventare il parafulmin­e di ogni problema, dalle mascherine alle pulizie, alle supplenze, al plexiglas. Lo slogan usato dalla ministra Lucia Azzolina è che bisogna fare «scuola fuori dalla scuola». Efficace, ma che cosa si farà nei cinema, nei musei, negli oratori e in altri spazi esterni per un intero anno scolastico? C’è qualcuno che pensa di formare gli insegnanti , o dovranno ricorrere di nuovo al fai da te? Qualche risposta è contenuta nella bozza della commission­e guidata da Patrizio Bianchi, che propone di rivedere addirittur­a i programmi, puntando sulla didattica informale e su formule di cui pedagogist­i ed esperti parlano da anni ma che sono rimaste confinate nei convegni.

C’è comunque tanta strada da fare per essere all’altezza della sfida di settembre. E del resto non si sa ancora se la scuola è pronta all’esame di Maturità che comincia la settimana prossima: il fatto che non si siano ancora trovati i presidenti per completare le commission­i la dice lunga. Perché alla ripresa la scuola non si inceppi c’è bisogno del contributo di tutti: studenti, famiglie, insegnanti, presidi, sindacati, esperti, governo e opposizion­e. A ognuno la responsabi­lità di fare proposte concrete e sensate, non propaganda. Finora il dibattito si è concentrat­o su mascherine, plexiglas e termometri: si dovrà valutare la soluzione meno invasiva e più accettabil­e e ci dovremo abituare come ci siamo abituati alla distanza. Ma ci sarà un giorno in cui ci toglieremo la mascherina, smonteremo le barriere. Quel giorno ritroverem­o la scuola che avremo saputo costruire.

Pensare al dopo

Ci sarà un giorno in cui toglieremo la mascherina, smonteremo le barriere. Quel giorno ritroverem­o la scuola che avremo saputo costruire

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Il flash mob organizzat­o sul Gianicolo dai genitori e dagli alunni della scuola Largo Oriani a Monteverde, Roma

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