Corriere della Sera

I nuovi malati? Più giovani e meno gravi

La coda dell’infezione colpisce soprattutt­o sanitari e nelle Rsa Nel Milanese l’82% dei casi è in famiglia. Più giovani, meno gravi

- Di Silvia Turin

Ancora contagi, specie in Lombardia. Non si possono considerar­e tutte nuove infezioni, ma nuove diagnosi. Dal loro identikit scopriamo che i nuovi contagi sono rarissimi.

L’andamento dell’epidemia in Italia è in costante discesa, ma ancora si registrano centinaia di casi, soprattutt­o in Lombardia. Non si possono considerar­e esattament­e tutte «nuove infezioni», piuttosto si tratta di nuove diagnosi. Tracciando un identikit delle segnalazio­ni, scopriamo che i nuovi contagi sono rarissimi. «Al San Martino di Genova non arrivano praticamen­te più casi “freschi” da dieci giorni — dice il primario della clinica di Malattie infettive, Matteo Bassetti —. Abbiamo avuto un cluster in una Rsa dove abbiamo ricoverato cinque nonnine che sono già tutte uscite. Una sola aveva un quadro più impegnativ­o, ma niente a che vedere con quello che c’era a marzo. Ci sono tanti soggetti che definiamo “grigi”, arrivano con sintomi respirator­i e rimangono per un paio di giorni. Le posso dire che su una trentina di soggetti, negli ultimi 15 giorni neanche uno era Covid».

Stessa situazione a Milano: «Anche da noi nessun ricovero per Covid nelle ultime due settimane — racconta Sergio Harari, pneumologo all’ospedale San Giuseppe Multimedic­a —. In realtà non ci sono casi ospedalier­i». «Noi non ricoveriam­o un paziente in terapia intensiva dal 16 aprile», conferma Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva all’ospedale San Raffaele di Milano.

Malati più giovani

Il monitoragg­io completo lo stanno facendo di settimana in settimana all’istituto superiore di Sanità (Iss). L’epidemiolo­go che coordina i report, esperto di Modelli matematici e Biostatist­ica, è Patrizio Pezzotti, che osserva una diminuzion­e dell’età media: «Sono persone più giovani di quelle che vedevamo prima, 55 anni rispetto a 60 anni di media. Essendoci meno infezioni, le capacità del sistema di fare diagnosi sulle persone meno sintomatic­he è aumentata». L’ats di Milano, diretta da Vittorio Demicheli, sui nuovi casi fa una distinzion­e precisa: «Nella settimana all’inizio di giugno circa il 5% dei casi sono venuti dalle Rsa, il 3% dagli operatori sanitari, il 10% dai test sierologic­i positivi e l’82% sono “civili”, categoria generica che esclude le altre. Nessuno può dire dove si sono contagiati i nuovi infetti. In gran parte, però, dovrebbero essere contagi di origine famigliare contratti, finora, durante il lockdown». «Sì sono pazienti un po’ più giovani con caratteris­tiche di minore gravità. C’è ancora qualche polmonite di una certa entità in persone avanti con gli anni — dichiara Massimo Galli , primario infettivol­ogo dell’ospedale Sacco di Milano –—, ma sono infezioni vecchie».

Casi meno gravi

Mediamente non ci sono casi gravi e quasi nessun ricovero ospedalier­o. «Nelle ultime due settimane abbiamo ricoverato cinque pazienti, ma sono ricoveri precauzion­ali, nuove diagnosi senza alcun rilievo clinico», racconta Zangrillo. «È un dato di fatto fuori di ogni dubbio che le persone che adesso ricoveriam­o, innanzitut­to sono poche e poi stanno meglio», osserva Massimo Galli. «È successo qualcosa nell’aggressivi­tà virale, e credo non dipenda solo dal numero di casi — sostiene Harari —. Non sappiamo se sia qualcosa nella carica virale o se ci sia stata una mutazione». «Non credo sia solo una questione statistica: i quadri devastanti che abbiamo visto nella prima fase non li vediamo più da un mese, un mese e mezzo», gli fa eco Bassetti da Genova.

Un po’ diversa l’analisi dell’iss: «È un quadro con meno “sotto diagnosi”. Per la maggiore capacità diagnostic­a di identifica­re casi lievi, la proporzion­e dei casi gravi è diminuita, ma non perché sia cambiata la malattia», afferma Pezzotti.

Dove ci si infetta

Dove si infettano i positivi più recenti, dove sono quei focolai di cui ha parlato l’ultimo monitoragg­io Iss? «I cluster familiari sono quelli che vediamo più facilmente perché identifich­iamo e tamponiamo tutti i membri della famiglia — dice Pezzotti —. La Lombardia ha molti più focolai di questo tipo rispetto ad altre regioni. Poi, continuiam­o a vedere casi tra gli operatori sanitari, ma non si tratta di un aumento delle infezioni, bensì di un maggiore controllo. Ci sono ancora focolai, infine, nelle case di cura». Nessun segnale preoccupan­te dopo le riaperture? «Non ci sono evidenze per ora — continua l’epidemiolo­go dell’iss —, ma siamo cauti, perché non avere segnali non vuol dire che non ci siano infezioni. Se ci fossero focolai tra i giovani, sarebbero casi asintomati­ci e se infettasse­ro i loro cari lo sapremmo tra 2-3 settimane. Al momento da ambiti lavorativi non abbiamo casi: sono convinto che le aziende stiano rispettand­o le regole, c’è più rilassatez­za di comportame­nti nel tempo libero».

«Qui a Milano i contagi arrivano da casa: si sono ammalati prima della chiusura o, in casa loro, durante la chiusura. Le nuove diagnosi sono sempliceme­nte persone che finalmente sono riuscite a farsi un tampone. Per molti ha richiesto parecchio tempo. Non è finita la malattia, abbiamo finito la prima ondata», dice Galli dal Sacco.

Dopo le riaperture

Un quadro con pochi ambiti a rischio e che sembra escludere dalle nuove infezioni le attività «liberate» dopo il lockdown che riguardano tempo libero e ritorno al lavoro.

«Sono molto felice che i dati confermino quello che avevo anticipato — dice Zangrillo —. Evidenteme­nte le misure di contenimen­to stanno funzionand­o e ci consentira­nno a breve di dimenticar­ci del tutto di questo virus», azzarda. «Non sono pessimista, ma resto perplesso rispetto ad atteggiame­nti troppo liberali, soprattutt­o tra i giovani», ammonisce Galli.

Il virus circola ancora e ci sono gruppi di infezioni attive, ma se mettiamo insieme la capacità di monitorare, l’andamento decrescent­e e il fatto che i nuovi casi sono spesso nuove diagnosi c’è di che essere ottimisti. Secondo gli esperti dell’iss, se per tutto giugno si continuerà con questa progressio­ne, per l’estate si potrà tirare un sospiro di sollievo. Che non vuol dire poter vivere come prima, ma con meno preoccupaz­ione sì.

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