Virologo a chi?
Siamo al Crepuscolo delle Provette. Sfiancati dalle critiche, la virologa somma Ilaria Capua arriva a definirsi ex virologa e l’ex presenzialista Burioni fa voto di castità televisiva e si mette in clausura mediatica volontaria (Ora et Laboratorio) almeno fino alla seconda ondata. Persino l’esimio infettivologo Galli ritiene necessario chiarire di non avere preso soldi per le sue videoapparizioni. Quando la pandemia infuriava e il Pensiero Unico Virologico si stendeva compatto sopra i legittimi spaventi della Nazione, anche la più timida critica allo strapotere degli scienziati nel discorso pubblico era considerata una prova di collaborazionismo con il nemico invisibile. Ma l’abbassarsi della curva del contagio ci ha resi di nuovo temerari. E chi fino a ieri fulminava con lo sguardo chiunque osasse abbassare la mascherina per prendere fiato, adesso se la strappa di dosso con un ululato di liberazione e rinfaccia ai virologi di avere lucrato sulle sue paure.
Si tratta di un’ingiustizia bella e buona, ma certo non di una novità. L’uomo ha sempre avuto bisogno di idoli da adorare e da distruggere. E quando qualcuno si inginocchia davanti a te, dovresti ricordarti che lo sta facendo per prenderti le misure delle caviglie, in previsione del momento in cui potrà prenderle a calci. Contrariamente agli auspici di qualcuno, il coronavirus non ci ha resi migliori. Però, a onore del vero, questa sciocchezza l’avevano sostenuta gli intellettuali, non i virologi.